Domenica 27 febbraio 1977 un terribile terremoto NON colpì Milano.
Abbiamo ricostruito per voi una vicenda poco nota ma che quarantadue anni fa, per circa una settimana, attirò l’attenzione dell’intera nazione su una delle più classiche, esemplari, conosciute leggende metropolitane: la profezia dell’imminente distruzione del capoluogo lombardo a causa di un sisma terrificante.
L’inizio della storia
La storia fece la sua comparsa massiccia un lunedì pomeriggio. Di norma, a quei tempi in cui l’informazione stampata era ancora fondamentale, i giornali non uscivano al lunedì mattina. Per questo motivo, i quotidiani del pomeriggio erano ancora un punto di riferimento, dopo il parziale silenzio informativo della domenica e del lunedì mattina.
Il 21 febbraio 1977, dunque, il Corriere d’Informazione, che era la versione serale del Corriere della Sera, uscì annunciando nell’occhiello un articolo a pagina 10 su quella che definiva una “storia di cui chiacchiera tutta Milano”. Si trattava della saga di una vecchietta misteriosa che da giorni profetizzava sciagure. Il pezzo era firmato da Rodolfo Grassi, che poi sarebbe diventato un esperto di giornalismo venatorio. Questo e altri interventi del Corriere d’Informazione sulla nostra vicenda saranno illustrati senza risparmio dai disegni di Fabrizio Busticchi (1953-2017), che in seguito diventerà un fumettista importante per la Bonelli Editore.
Di che cosa si “chiacchierava”, a Milano, a metà febbraio del 1977?
Giorni prima dell’uscita dell’articolo di Rodolfo Grassi un tassista era stato fermato in periferia da “una vecchietta” che voleva essere portata alla stazione. I due si erano messi a chiacchierare e allora la donna aveva rivelato all’uomo che presto per Milano sarebbe arrivato un momento terribile.
“Sa, ne sono proprio sicura. Verrà un terremoto… verrà proprio alla fine del carnevale, il 27 domenica”.
Giunti nei pressi della stazione, l’auto si era fermata a un rosso. Il tassista aveva sentito la portiera sbattere. Si era voltato, e si era accorto di essere solo. Sul sedile, una borsa scura con dentro una carta d’identità. Lui l’aveva portata a un vicino commissariato, perché pretendeva di essere pagato.
Ed è qui, dunque fin da subito, che la diceria della vecchietta del terremoto prendeva una piega soprannaturale. Al commissariato il documento era stato identificato: era quello “di una donna morta una decina d’anni fa”.
Le vecchiette si moltiplicano
Il racconto, però, non rimase isolato. Dall’inizio, infatti, la storia della vecchietta profetica si caratterizzò per il ripetersi delle performance del personaggio. Grassi descriveva infatti un secondo incontro con la donna, questa volta avvenuto appena tre giorni prima.
Mentre una coppia stava rientrando in città (anche stavolta la scena era ambientata in periferia), scorgeva un’anziana che sorrideva dal ciglio della strada. All’offerta di un passaggio, lei, salendo a fatica sulla vettura, aveva risposto: “grazie, grazie, sono proprio stanca, sa?” Appariva minuta, rugosa, fragile.
“Bella Milano, eh – ha detto subito – proprio bella. Peccato che il il 27 verrà un terremoto. Voi che siete così cari andate via, datemi retta”.
Alla richiesta di chiarimenti dei due coniugi, la vecchina avrebbe ribadito che potevano fidarsi di lei: il terremoto ci sarebbe stato.
Ed ecco la seconda conclusione soprannaturale. Arrivata in centro, l’auto restò bloccata nel traffico. I due sentirono la portiera cigolare e
“neppure il tempo di dire un amen che la vecchietta era scesa. Sull’auto aveva lasciato un ombrello”.
Scomparsa improvvisa anche stavolta, secondo dono di una “prova” della realtà della conversazione (l’ombrello, dopo la carta d’identità), ma niente in senso stretto che indicasse nel corso dell’apparizione la natura fantasmatica della donna.
Il giorno dopo, un terzo incontro, stavolta su una linea dei trasporti urbani milanesi, la 97: una manifestazione con caratteristiche quasi “pubbliche”. La donna parlava con alcuni passeggeri, annunciava il terremoto e, scendendo, dimenticava un fazzoletto. Poco dopo, altri due giovani automobilisti le davano un passaggio: per la loro gentilezza (dunque l’annuncio era di nuovo una “ricompensa”) disse loro di andare lontano dalla città, perché stava per arrivare il terremoto. Quelli però risero, e per risposta ottennero
“il rumore di una portiera, che si chiudeva. La vecchietta se n’era andata. Dove?”
Quattro incontri, dunque, ma anche altri automobilisti – scriveva Grassi – dicevano di averla incrociata e di averla trasportata in strade di periferia. La domanda che il giornalista si faceva in chiusura di questo primo articolo era: si trattava di un fantasma o di uno scherzo di buontemponi? Commentava il giornalista:
la storia prosegue: la raccontano in tanti. Piace, diverte, un po’ fa paura, passa di bocca in bocca come una barzelletta.
Arrivano le astrologhe
La mattina del 23 febbraio, sul Corriere della Sera il quadro si ampliò e diventò esplosivo. Il giornalista Leonardo Vergani (1932-1994) scriveva che la vecchietta, oltre alle borse, abbandonava sulle auto anche foglietti con la sua profezia su una catastrofe “di immani proporzioni”, che della cosa si parlava ormai in tutta la Lombardia, non solo in città e nell’hinterland e che ormai con le cose lasciate dalla donna, visto il numero di episodi raccontati, si sarebbero potuto riempire un deposito oggetti smarriti: si parlava di una valigia, di sporte per la spesa e perfino di un fagotto!
La vecchina nel frattempo si era trasformata in una vera e propria autostoppista fantasma: si raccontava di vere e proprie richieste di passaggi con tanto di pollice sporto da parte della “nonna menagramo”.
Da questo punto in avanti nella dinamica della storia della vecchietta del terremoto s’inserirà un elemento nuovo. Per spiegare che quella della profezia era soltanto una diceria, sia il Corriere della Sera sia la sua edizione pomeridiana cominciarono infatti ad interpellare gli esperti del caso: chiromanti, astrologhe e veggenti (quasi sempre donne, si direbbe) che ebbero (proprio loro!) il curioso compito di smentire la fantasia della vecchietta.
Chi, meglio degli addetti ai lavori, poteva occuparsi con competenza della profezia su un prossimo disastro? Il tono diventò immediatamente più leggero, divertito: il fantasma autostoppista prese rapidamente a sbiadire. Vergani raccoglieva le parole della “notissima chiromante Eterno Natalina”, che spiegava di aver ricevuto decine di telefonate preoccupate, ma che i suoi poteri divinatori le avevano rivelato trattarsi di una messinscena organizzata da due uomini che avevano mandato in giro un’anziana vestita di nero per vincere una scommessa con gli amici: vedere la città vuotarsi, domenica 27. L’astrologa Silvana Zaccaria era un po’ più pessimista: l’imminente allineamento di tre pianeti cattivi, Saturno, Urano e Marte con il Leone, lo Scorpione e l’Acquario, “a undici gradi esatti”, le dicevano che c’era poco da stare allegri.
Il 24, sul Corriere, il giornalista Cesare Medail volgeva anch’egli tutta la questione in termini di competenza degli astrologi. Ne intervistava uno famoso, Francesco Waldner, che spiegava di aver previsto lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale con cinque o sei mesi d’anticipo: anche lui vedeva benissimo che per Milano non c’è di che preoccuparsi.
Più realisti quelli che lavoravano al centralino del radiotaxi “Torre Velasca”: sostenevano di aver ricevuto in un giorno cinquecento chiamate di persone che chiedevano se era vero che loro vetture avevano davvero ospitato l’autostoppista fantasma, e quelli a ripetere che non era capitato niente di simile a nessuno dei loro autisti.
Il culmine della psicosi
Nel pomeriggio dello stesso 23, la vecchietta occupava l’intera prima pagina del Corriere d’Informazione e dilagava all’interno. In redazione arrivavano telefonate continue: una veggente che voleva rassicurare, ma annunciava sciagure diverse, un uomo che diceva di andare in Questura, dove avevano la carta d’identità, l’ombrello e la borsa della fantasma, un altro che da Roma precisava che nei giorni precedenti un’altra vecchietta, forse la stessa, era comparsa nella capitale prevedendo la morte di un grosso personaggio, e che l’identica figura era apparsa in Friuli prima del terremoto del maggio 1976…
Una catena di sant’Antonio, la chiamava Rodolfo Grassi. Anonimi i testimoni, anonima la vecchina dallo spiccato accento meneghino. La paragonava a una vicenda capitata una decina d’anni prima: una mania passeggera, ma di quelle che invece a noi interessano tanto. Per qualche tempo, proprio come in quei giorni della profezia portajella, si era diffusa a Milano la voce che raccogliendo alcune migliaia di bollini di una certa marca di banane si poteva avere un viaggio per due alle Bahamas – cosa allora riservata ai ricchi.
Da Torino, quello stesso 24 febbraio La Stampa pubblicava un lungo servizio firmato da Marzio Fabbri, che dirigerà poi la redazione milanese del quotidiano. Il giornalista scriveva che le voci giravano da una decina di giorni, aggiungeva nuovi particolari e, assai di più che il Corriere milanese, presentava la storia come una vicenda di fantasmi.
La vecchina, secondo Fabbri, poteva forse essere lo spettro di una donna morta nel febbraio 1967. Ora si conosceva anche il punto esatto del primo incontro, quello con i due giovani automobilisti: San Colombano al Lambro. Forse sul sedile, prima di dissolversi, aveva lasciato la carta d’identità, forse addirittura il suo certificato di morte. In altre manifestazioni aveva detto ai testimoni che prima del terremoto sarebbe morto il papa, Paolo VI. La mattina del 23 febbraio, la vecchina-fantasma si era addirittura messa in contatto telefonico con un giornalista che si era occupato di lei. Insomma, un quadro surreale, volutamente dipinto come più che bizzarro.
I toni diventarono farseschi. Al pomeriggio il Corriere d’Informazione uscì annunciando che un’anziana era andata in Questura dicendo di essere lei la vecchietta, che Dio le aveva annunciato quanto sarebbe successo. I poliziotti, però, non le avevano creduto. In un albergo di piazza della Repubblica, convocati in fretta e furia dal giornalista Giorgio Cajati, si erano riuniti alcuni maghi e astrologi, dando pareri discordi su premonizioni e configurazioni stellari. In terza pagina si tirava fuori, a sproposito, la pseudo-psicosi dell’invasione marziana del 1938, quella di Orson Welles.
Deliri, debunkers e complotti
Il 24 febbraio, come già accennato, sul Corriere della Sera Cesare Medail si era dilungato parecchio sulla vicenda. Fra gli altri, Medail dava voce al guaritore Arnaldo Zola: costui annunciava come la vecchina esistesse davvero, che purtroppo era dominata da uno spirito basso (qualunque cosa questo significasse) e che nella notte fra sabato e domenica in provincia sarebbe nato un bambino con un dente sul palato, nientemeno che l’Anticristo in persona. Una radiestesista faceva girare il pendolino e tranquillizzava i milanesi davanti alle telecamere del TG2 e ai microfoni del GR1 della Rai. Nel pomeriggio dello stesso 24 il Corriere d’Informazione insisterà di nuovo su questi aspetti, senza dimenticare una serie di foto di quelle che definiva le “belle maghe” convenute nell’albergo di Piazza della Repubblica.
Su La Stampa di sabato 26 Luciano Curino (1924-1996) guidava invece l’offensiva razionalista: quello di Milano era “un clima da Medioevo”, “roba da manicomio” dovuto a “uno scherzo sciocco”. Curino aggiungeva a ciò che già sappiamo due circostanze: tanto per cominciare, la vecchietta era stata segnalata anche in metropolitana; e poi, pare che qualcuno avesse fatto testamento in vista di ciò che poteva accadere il 27. In sostanza, però, ormai le novità latitavano. La forza della voce pareva già essere diminuita. Come succedeva sovente in epoca pre-telematica, la carta stampata registrava gli eventi soltanto a partire dalla “fase acuta”, o addirittura quando la psicosi dava già segni di cedimento. Per questo di norma la traccia scritta è temporalmente piuttosto breve. Le fasi di crescita, di costruzione e di “salita” dell’interesse collettivo per le “voci” sfuggono.
Poi la leggenda sfociò nel complotto. Il pomeriggio del 24 Stampa Sera, con un articolo del suo caporedattore, Silvano Costanzo, non trovava niente di meglio che fare eco alle note di colore ipotizzando nella diceria una “responsabilità del Sid” (i servizi segreti del tempo) e “una nuova strategia della tensione”, visto che la vecchietta sembrava girare con un numero illimitato di carte d’identità da seminare…
Si rideva, certo, ma in un riquadro a fianco del pezzo di Costanzo, grazie all’evidenza data alla storia dell’anziana recatasi in Questura denunciandosi come la vera vecchietta (che però “diceva frasi sconnesse” ed era stata rimandata a casa), a ben vedere si socchiudeva la porta a uno sviluppo del pomeriggio di sabato 26, quello che avrebbe segnato in modo fortissimo la fase di chiusura della vicenda.
Ecco la vecchietta! (O no?)
Una notizia clamorosa: la vecchietta esisteva davvero. Era stata trovata!
A scoprirla, così annunciava con un megatitolo il Corriere d’Informazione, era stato Edoardo Raspelli, poi diventato uno dei più noti gastronomi italiani.
La vecchietta abitava nel quartiere di Brera, aveva ottant’anni, si chiamava Elsa e annunciava catastrofi da lungo tempo, “stroncata dalle vicende della vita”. Vendeva per strada sigarette di contrabbando celate nella borsa. Molti anni prima, nel 1953, sulle sue avventure giovanili era stato scritto un racconto breve, in quei giorni consegnato a Raspelli.
Il giornalista riconduceva l’intera psicosi milanese a questo: quando era giovane, Elsa si era innamorata di un domatore, Wolfgang. Dopo la morte di costui, il 13 di ogni mese Elsa si recava in un cimitero di Venezia, dove l’uomo era sepolto, scavalcando il muretto e passando la notte sulla tomba dell’amato.
“Io gli parlo e lui mi parla”, ha detto Elsa. “E che cosa ti racconta?”, le hanno chiesto increduli quelli che la conoscono. “Mi racconta cose orribili”, spiega la “vecchina dalla faccia di bimba”. “Che Milano sarà distrutta, che un terremoto farà diecimila morti”.
Un articolo ulteriore, non firmato ma che era parte del racconto scritto su di lei, conteneva dettagli romanzeschi sulla relazione di Elsa con Wolfgang. Lei era un’antiquaria dalla vita disordinata, lui un lottatore e domatore poi stroncato dall’alcool. Morto a Venezia, lei aveva chiesto all’ospedale di tenere il cadavere per sé, e l’uomo era stato sepolto soltanto grazie all’arrivo di un ricco e svitato olandese, “studioso di fisica” come Wolfgang, dipinto con ogni evidenza come un individuo disturbato.
In sostanza, dunque, per Raspelli l’ondata di voci era dovuta alle parole di Elsa, da lungo tempo chiusa nel suo mondo personalissimo di elucubrazioni e di incoerenze di ogni tipo.
Nel suo intento razionalizzante, Raspelli non era interessato al quadro ben più ampio in cui i racconti sulla vecchietta del terremoto s’inserivano. Preferiva identificare tutto in un fatto sì “banale”, ma comunque accaduto davvero. La storia di un’anziana a cui parecchi avevano dato ascolto. In realtà, è difficile che ci sia stato solo questo dietro alle voci milanesi del febbraio 1977. Scriveva nel 1921 lo storico Marc Bloch in Riflessioni d’uno storico sulla guerra e le false notizie:
Le notizie false della storia nascono certamente spesso da osservazioni individuali inesatte o da testimonianze imperfette, ma questo infortunio iniziale non è tutto e in realtà da solo non spiega nulla. L’errore si propaga, si amplifica e vive solo a una condizione: trovare nella società in cui si diffonde un brodo di coltura favorevole. In quell’errore, gli uomini esprimono inconsciamente i propri pregiudizi, odi e timori, cioè tutte le loro forti emozioni. Soltanto […] dei grandi stati d’animo collettivi hanno poi la capacità di trasformare una cattiva percezione in una leggenda.
La storia di Milano non era solo il ripetersi dei vaneggiamenti di un’anziana non più lucidissima. Incorporava una serie massiccia di motivi folklorici classici.
Arriva il 27 febbraio
Come prevedibile, il fine settimana del 27 febbraio 1977 fu del tutto ordinario. Nessuna coda di auto a Milano, nessuna partenza straordinaria di treni affollati per paura del disastro. Un week-end in sordina, titolava quella mattina il Corriere della Sera.
Anzi, il giorno dopo, sul Corriere d’Informazione, Angelo Falvo annunciò che c’era già “nostalgia della vecchietta”, visto che grazie a lei per qualche giorno la città era stata al centro dell’attenzione nazionale. Ottavio Rossani sospirava Addio, vecchietta e confermava che tutto era dipeso da Elsa, “che affastella parole di sventura da almeno vent’anni”. La “psicosi del terremoto”, insomma, era nata “dal dolore di una povera donna”.
Due giorni prima L’Unità, il quotidiano del PCI, aveva preso polemicamente le difese del fantasma: almeno si trattava di un fantasma per bene, che annunciava i guai in anticipo, non come era successo per il disastro chimico di Seveso, che l’estate precedente aveva colpito la cittadina della Brianza con una vasta nube di diossina TCDD.
In quella domenica assonnata di fine febbraio, quella del grande terremoto mancato, Gian Luigi Baracchini era andato in giro per conto del Corriere d’Informazione per capire se qualcuno si era davvero preoccupato per la profezia dell’autostoppista fantasma. A quanto pare tutti ne ridevano, facevano battute o alzavano le spalle. Allo stadio, a San Siro, giocava l’Inter. Uno dei tifosi, annoiato dallo 0-0 col Verona, chiosava:
…ho capito che la storia della vecchietta era tutta una balla quando ho visto i numeri del lotto: quelli che aveva dato lei non sono usciti.
Raccogliendo per Stampa Sera le impressioni in piazza del Duomo, piena di gente per il clima quasi primaverile, quello stesso giorno Silvano Costanzo spiegava che tutto sommato si era trattata di “una misera conclusione per la storia più paradossale degli ultimi mesi”.
L’8 marzo, sul Corriere d’Informazione, Edoardo Raspelli riportò una lunga intervista fatta a Elsa B. nella sua casetta milanese. Si trattava di una donna di fede ebraica. Precisava di avere settantaquattro anni e non ottanta. Parlava del suo amore di un tempo, un austriaco che aveva fatto tutti i mestieri compresi quello del domatore e del lottatore. Dalla fantasmatica vecchietta del terremoto l’attenzione del giornalista si dirigeva ormai verso la biografia dolente di una donna in carne ed ossa.
Il 6 marzo 1977 L’Espresso, uno dei settimanali più letti del tempo, dedicò alla vecchietta del terremoto la copertina e cinque pagine di servizi. Metteva la faccenda in termini di psicologia sociale. Intervenne su quelle pagine anche lo psicologo Dino Origlia (1920-2012), allora uno dei più ascoltati studiosi di scienze dell’uomo del nostro Paese.
Una leggenda metropolitana?
La storia dell’autostoppista fantasma di Milano ebbe dunque, per brevissimo tempo, rilevanza nazionale. Fu giocata dai maggiori quotidiani milanesi quasi interamente in termini di superstizioni, di equivoci indotti dai discorsi incoerenti di Elsa e del divertimento che la gente provò discutendo di un disastro che non ci sarebbe stato. Non disponiamo di nessun segnale che indichi il sorgere di particolari paure o di timori generalizzati, solo una voce che correva di bocca in bocca.
Per conto nostro, sospettiamo che quello milanese sia stato un magnifico caso di costruzione collettiva basata sulla più classica fra le leggende metropolitane – così classica da aver dato origine intorno al 1940, negli Stati Uniti, allo stesso studio di questo tipo di racconti: la leggenda dell’autostoppista fantasma.
D’altro canto, era questa la stessa diagnosi che già molti anni fa aveva posto, e proprio in occasione dell’8° Convegno Nazionale del CICAP, svoltosi nel giugno 2003 presso il Politecnico di Torino, anche Paolo Toselli, del Centro per la Raccolta delle Voci e Leggende Contemporanee (CeRaVoLC). Il testo del suo studio sugli autostoppisti fantasma, che include un’analisi della storia che abbiamo riesumato oggi, si può leggere qui. Non solo: Toselli ricostruiva nei dettagli una storia analoga, circolata subito dopo il disastroso sisma irpino del 23 novembre 1980.
La variante che circolò a Milano e dintorni, nel febbraio 1977, assunse la forma ben nota della profezia catastrofica formulata da un’anziana trasportata in auto. Già nel 1935 in Gran Bretagna, poi in Francia, e, durante la Seconda Guerra Mondiale, in vari altri Paesi (Australia, ecc.), ma soprattutto – dopo Pearl Harbour – circolava negli Stati Uniti una storia per certi versi simile: un uomo dava un passaggio a una vecchina, una zingara o a una figura maschile, che profetizzava: “entro stasera ci sarà un cadavere nella tua auto, e Hitler sarà sconfitto entro sei mesi”. La prima predizione andava a segno quando il guidatore raccoglieva sul suo mezzo la vittima di un incidente. Ovviamente tutti speravano che ben presto si adempisse anche la seconda…
Nel caso milanese, la vecchina si dileguava di colpo, o comunque usciva di scena senza ulteriori spiegazioni (gli autisti sentivano la portiera aprirsi, si voltavano e lei non c’era più). In questo, è simile a una leggenda che circolò nello stato di Washington in seguito all’eruzione del vulcano Sant’Elena, avvenuta il 18 maggio 1980. La storia è stata analizzata dalla folklorista Elizabeth Simpson, che nel 1985 pubblicò al riguardo uno studio sulla rivista Northwest Folklore (vol. 5, n. 1). Si diceva che un uomo avesse raccolto una strana autostoppista, a volte descritta con gli abiti pieni di cenere, a volte con un vestito bianco. Quest’ultima avrebbe detto che il disastro era un atto di origine divina, e che ci sarebbe stata una nuova eruzione tra il 12 e il 14 ottobre. Poi la profetessa spariva dall’auto, misteriosamente come era apparsa. Altrettanto inspiegabilmente svanivano i cosiddetti “autostoppisti fantasma dello tsunami”, segnalati nel nord-est del Giappone in seguito alla catastrofe del marzo 2011.
Notiamo infine che la vecchina lombarda non veniva identificata, come accade invece nella forma più tradizionale dell’autostoppista fantasma, grazie a una giacca lasciata al cimitero, magari su una tomba. In una parte delle nostre narrazioni lasciava però comunque una prova “moderna” della sua natura concreta: la carta d’identità di una defunta, il certificato di morte, borse della spesa o, a volte, ombrelli vagamente jettatori.
Alla variante-base della profetessa nell’auto, se ne aggiunge un’altra: quella della donna misteriosa che, prima di scomparire, si manifesta in un luogo semi-pubblico, davanti ad un gruppo di persone. Compare su una linea dell’autobus o sulle vetture della metropolitana, ossia in luoghi per loro natura aperti a una constatazione di gruppo e a commenti che assumono subito il carattere dello scambio di pareri più ampi, fra sconosciuti.
In questo senso, la vecchietta del terremoto ricorda alcune leggende diffuse ai tempi della Prima Guerra Mondiale: quelle in cui un’anziana, anche lei dotata di virtù profetiche, annunciava l’imminente fine del conflitto tra i passeggeri di un tram.
Un’ultima considerazione: anche nell’annuncio di disgrazia, si riconoscono due sottotracce differenti.
La prima è costituita dalla profezia in senso stretto. Ci sarà un disastro, punto e basta. L’annuncio sembra rivolto a tutti, ma la vecchietta fantasma non lo commenta e non spiega perché lo renda noto. Lascia campo aperto all’interpretazione.
Nella seconda sottotraccia, invece, abbiamo un fantasma riconoscente: il cataclisma ci sarà, ma la rivelazione risulta quasi “privata”. E’ fatta dall’anziana per sdebitarsi, in cambio della gentilezza mostrata nei suoi confronti. La storia ricorda un po’ quella del terrorista riconoscente, che annuncia un attacco imminente in cambio di un favore nei suoi confronti (la restituzione di un portafoglio perso, il dono di alcuni spiccioli necessari a pagare una spesa).
La leggenda era già stata approfondita da Query Online un paio d’anni fa, subito dopo gli attentati di marca islamista che avevano colpito alcune città europee.
A spingere ancora di più ad una valutazione in termini di classica leggenda metropolitana c’è però un altro fatto. Nei mesi precedenti la psicosi milanese nel nord Italia si diffusero altre voci relative a un imminente cataclisma sismico.
Le altre vecchine menagramo
Il 14 ottobre del 1976 il Corriere d’Informazione e il giorno dopo il Corriere della Sera descrissero una curiosa situazione che si era creata a Lecco. Da alcuni giorni in città circolava insistente una profezia: nella notte su venerdì 15, oppure alle 17 di quel giorno, Lecco sarebbe stata colpita da un terremoto terribile con epicentro nel lago di Como. Qualcuno attribuiva l’annuncio ad un noto sismologo non meglio precisato, altri a un programma regionale della Tv svizzera, altri a notizie provenienti dalla Cina… Le radio locali ricevettero decine di telefonate preoccupate, soprattutto di anziani.
Una diceria “pura”, questa volta, senza fantasmi, vecchiette e priva di profezie dai tratti soprannaturali, ma che conferma l’ampia presenza di queste storie in un arco di tempo relativamente limitato e in un’area piuttosto circoscritta.
Ma c’è di meglio.
Il mese successivo alle voci del Lecchese (novembre), a causa delle piogge insistenti, il delta del Po fu investito da piene e da tracimazioni preoccupanti. Sul Giornale dei Misteri numero 75, di giugno 1977 – allora lettissimo mensile che si occupava dell’intera gamma del paranormale – un lettore e attivo appassionato di UFO e parapsicologia si vide pubblicare una lettera che aveva indirizzato al parapsicologo Piero Cassoli.
Ecco che cosa si raccontava nel Ferrarese. Pochi giorni prima dell’anniversario dell’immane alluvione del Polesine (14 novembre 1951), a Pontelagoscuro, punto tradizionale di transito stradale e ferroviario sul Po, due ragazze in auto avevano incrociato “una donna vestita di nero che faceva l’autostop”. L’avevano fatta salire, e questa aveva annunciato che due giorni dopo una scossa di terremoto avrebbe rotto gli argini del fiume inondando le province di Ferrara e di Rovigo. Poi, la “vecchietta” era sparita nel nulla. Sul sedile rimaneva un velo che indossava. Le due avevano raggiunto la Polizia di Ferrara denunciando il fatto.
In questo caso, come si vede, il parallelo con la grande mania collettiva milanese di tre mesi dopo è pressoché perfetta.
Ultima sorpresa. La “nostra” vecchietta preferita, quella milanese, sopravvisse al disastro mancato e con l’arrivo della primavera del 1977 si trasformò in qualcos’altro. Il 12 aprile di quell’anno, davanti alla filiale della Cassa di Risparmio di via Verdi, a due passi dalla Scala, una donna strappò in maniera ostentata banconote da cinquemila, diecimila ed anche da cinquantamila lire. Presumibilmente, una bella cifretta. I testimoni la descrissero in modo contraddittorio alla Polizia intervenuta. Molti parlarono di una ragazza “dallo sguardo allucinato”. Altri dissero che non era per niente giovane. Concluderà il cronista:
…la versione della ragazza che per alcuni aveva uno sguardo allucinato, da drogata, contrasta con quella di altri testimoni. Per loro non ci sono dubbi: a strappare i soldi è stata una vecchina, anzi “la” vecchina. Quella del terremoto, per intenderci. Si riapre la caccia alla misteriosa profetessa di disgrazie? C’è da giurarlo, la caccia non avrà successo: la vecchina di Milano, si sa, non può essere arrestata.
https://www.queryonline.it/2019/07/08/lautostoppista-fantasma-del-terremoto-di-milano/
0 commenti:
Posta un commento