Il folclore africano è ricco di creature mostruose, ma soprattutto malvagie. Forse le leggende su questi mostri che di tanto in tanto si mostrerebbero agli umani deriva dall’ancestrale paura dei nativi per tutti quei soprusi subiti in passato (e ancora oggi), per le deportazioni, la schiavitù e gli stermini da parte degli invasori; sta di fatto che la maggior parte delle storie parlano di creature sovrannaturali incredibilmente brutali e violente.
In Tanzania, e in particolar modo sulle isole di Pemba e Zanzibar, si parla di un mostro terribile che stuprerebbe e ucciderebbe le persone, senza far distinzione tra machi o femmine. Il suo nome è “Popobawa” o “Popo Bawa” e sarebbe un jinn maligno (i jinn sono creature descritte accuratamente nel Corano che noi abbiamo trasformato nel famoso genio della lampada).
Popobawa in lingua swaili significa ala (“bawa”) di pipistrello (“popo”) e infatti la creatura nella sua forma originale apparirebbe come un essere umanoide dalle lunghe ali di pipistrello, orecchie allungate, artigli e un solo occhio al centro della fronte. Secondo la leggenda il Popobawa (come ogni jinn) sarebbe in grado di mutare la sua forma a piacimento e durante il giorno apparirebbe come un uomo magro dai capelli scuri e il viso smunto: si riconoscerebbe dai tratti spigolosi della mascella e da lunghe e affusolate dita. C’è invece chi lo descrive come una creatura ciclope, tozza e bassa di colore nero con la testa di scimmia. Tutte le descrizioni comunque concordano sul fatto che abbia un apparato riproduttivo fuori dal comune che utilizzerebbe per stuprare le sue vittime.
Il Popobawa aggredisce la sue vittime durante la notte entrando dalle finestre, dai camini e anche dalle fessure (può assumere qualunque forma); dopo aver violentato la sua preda le ordina di riferire alla comunità ciò che le è successo, minacciandola di tornare qualora non lo faccia. Sembra che sia particolarmente incline ad aggredire gli scettici che non credono nella sua esistenza. Le vittime dei suoi attacchi, o almeno coloro che credono di essere state violentate dal mostro, portano a testimonianza evidenti segni di violenza sessuale, profondi graffi sul corpo ed ossa spesso fuori posto.
Gli avvistamenti del Popobawa sono iniziati nel 1964 sull’isola di Pemba, dove la creatura sembrò accanirsi per diversi anni sulla popolazione locale. Nel 1971 una ragazza di una villaggio di Pemba di nome Fatuma mostrò i segni di una possessione e con una profonda voce maschile parlò agli abitanti in una piazza affermando di essere il Popobawa; subito dopo la ragazza svenne e in lontananza la gente sentì un verso agghiacciante provenire dai tetti di alcune case.
Da allora le testimonianze del Popobawa si sono allargate prima all’isola di Zanzibar e poi negli anni ’80 a tutta la Tanzania. Ci fu un picco di segnalazioni nel 1995 e poi casi più sporadici nel 2000, 2001 e 2007.
La leggenda vuole che il Popobawa sia stato evocato come jinn da uno sceicco che voleva vendicarsi di alcuni rivali che gli avevano rubato la donna di cui si era invaghito. Lo legò al suo volere e lo inviò a rubare la verginità delle donne e la mascolinità agli uomini. Alcuni jinn però sono malvagi e soprattutto tendono a distorcere gli ordini ricevuti, così il Popobawa, stanco di essere comandato a bacchetta, uccise il suo padrone divenendo libero di compiere atrocità per suo esclusivo diletto. Obbligato dall’ordine del suo antico padrone, non può esimersi da portare avanti le aggressioni e gli stupri delle persone, ma ora è lui a decidere le sue vittime.
Essendo una creatura semi-divina non è facile difendersi dal Popobawa, ma esisterebbe un metodo per scacciarlo molto semplice: leggere il Corano e pregare.
Escludendo gli abitanti delle isole e di qualche villaggio della Tanzania, non sono molti a credere alla leggenda del jinn stupratore e la gente ha cercato di dare un’altra spiegazione al fenomeno degli stupri notturni e alle aggressioni. C’è chi crede che il Popobawa sia un’invenzione per spaventare qualcuno, ma ciò implica che i danni fisici delle vittime sarebbero frutti di autolesionismo; alcuni credono che il Popobawa sia una creatura realmente esistente ma non ancora scientificamente studiata, una sorta di primate che di tanto in tanto si intrufolerebbe nei villaggi in cerca di cibo e aggredirebbe le persone che incontra.
C’è poi chi pensa che sia un fenomeno di isteria dovuto alle reminescenze del passato di Zanzibar come mercato di schiavi arabo: la storia di Popobawa sarebbe una manifestazione inconscia della memoria di coloro che hanno vissuto la schiavitù.
Infine il Popobawa viene spiegato razionalmente dagli studiosi come un fenomeno di paralisi del sonno: sarebbe l’esperienza di trovarsi sveglio e cosciente ma incapace di muoversi, con la sensazione che qualcosa di invisibile stia trattenendo o abusando del nostro corpo
La vera natura del Popobawa probabilmente resterà un mistero, ma non c’è dubbio che questa figura del folclore africano sia molto presente e che ci siano ancora persone oggi giorno che la indicano come artefice delle ferite sul loro corpo e delle violenze che subiscono.
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