Ci sono esperienze che lasciano un dolore non visibile, non palpabile ma ugualmente molto profondo e indelebile: sono le offese, vere e proprie ferite della nostra anima.
Nascono solitamente dall’odio, dalla rabbia o dalla paura e vengono riversate sugli altri con parole o azioni finalizzate ad umiliare chi le riceve. Tutti conosciamo bene il grandissimo potere delle nostre parole: sappiamo che possono consolare oppure ferire e per questo abbiamo la responsabilità di ogni singolo termine che pronunciamo. Prima di farle uscire dalla nostra bocca o dalle nostre mani (perché le parole sono molto potenti anche se sono solo scritte), dovremo essere ben consapevoli dell’effetto che producono nell’altro che le riceve e anche della loro utilità sociale.
A tal proposito riporto la storia dei “tre setacci” narrata all’interno dell’opera autobiografica di Millman, Way of the peaceful warrior (1980), dove viene raccontato l’incontro tra l’autore e un uomo saggio chiamato Socrate, come il filosofo dell’antichità.
Socrate aveva reputazione di grande saggezza. Un giorno venne qualcuno a trovarlo e gli disse:
«Sai cosa ho appena sentito sul tuo amico?»
«Un momento.» rispose Socrate. «Prima che me lo racconti, vorrei farti un test, quello dei tre setacci.»
«I tre setacci?»
«Prima di raccontare una cosa sugli altri, è bene prendersi il tempo di filtrare ciò che si vorrebbe dire. Lo chiamo il test dei tre setacci. Il primo setaccio è la verità. Hai verificato se quello che mi dirai è vero?»
«No… ne ho solo sentito parlare…»
«Molto bene. Quindi non sai se è la verità. Continuiamo col secondo setaccio, quello della bontà. Quello che vuoi dirmi sul mio amico, è qualcosa di buono?»
«Ah no! Al contrario.»
«Dunque…» continuò Socrate, «… vuoi raccontarmi brutte cose su di lui e non sei nemmeno certo che siano vere. Forse puoi ancora passare il test, rimane il terzo setaccio, quello dell’utilità. E’ utile che io sappia cosa avrebbe fatto questo amico?»
«No davvero.»
«Allora…» concluse Socrate, «… quel che volevi raccontarmi non è né vero, né buono, né utile; perché volevi dirmelo?»
Le offese, un modo di sfogare la propria interiorità
Offendere qualcuno è un atteggiamento che non ha mai fini costruttivi. L’unico obiettivo è quello di ferire l’altro per sentirsi superiori, nel giusto, per sfogare le proprie emozioni invece di viverle in modo sano e non distruttivo.
Le offese che rivolgiamo agli altri, anche quelle subdole, nascoste tra una frase e l’altra, raccontano molto di noi, del nostro malessere. Sono sintomi di un’agitazione interiore che tenta di placarsi mettendo in atto l’arroganza nei confronti degli altri. Ma scaricare all’esterno la propria interiorità in questo modo primitivo e non adulto non fa altro che accrescere la tempesta interiore e agitarla ancora di più.
Non rivolgerti con tono sferzante ad alcuno, coloro ai quali ti rivolgerai in questo modo ti potrebbero rispondere nello stesso modo: le ingiurie sono dolorose; colpo su colpo, esse ricadranno sopra di te.
(Buddha)
Cosa fare per non offendere?
Riuscire a non offendere è un obiettivo che ognuno di noi dovrebbe impegnarsi a raggiungere ogni giorno. La natura, i bambini, gli animali, chi la pensa diversamente da noi… niente e nessuno dovrebbe essere vittima di offese verbali o di altra natura.
E’ possibile raggiungere questo traguardo importante se ciascuno di noi iniziasse ad osservare la propria interiorità, a conoscerla, a guidarla e non la lasciasse diventare invece padrona della propria vita: l’adulto è colui il quale è riuscito a non essere più in balia delle proprie emozioni ma è divenuto il re di ciò che sente, è ben consapevole di come reagisce in modo automatico e delle strategie da attuare per divenire più attento, più responsabile, più saggio.
Non serve chissà quale percorso di crescita personale o di attestato per divenire più consapevoli del proprio mondo interiore: basta solo più silenzio, più lentezza, più presenza. Per ascoltarsi, per capirsi, per crescere sempre di più, per trovare vie nuove di espressione, vie creative, poetiche, elevate.
Dovremmo essere così grandi da non offendere e così nobili da non sentirci offesi.
(Abraham Lincoln)
https://www.eticamente.net/70638/le-offese-vere-e-proprie-ferite-dellanima.html
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