Il nudo artistico è la rappresentazione del corpo umano in stato di nudità nelle varie discipline artistiche. La nudità nel campo dell'arte - nella pittura, nella scultura e più recentemente nella fotografia - ha generalmente rispecchiato, con alcune eccezioni, i livelli sociali di estetica e di moralità dell'epoca.
La figura del nudo è principalmente una tradizione dell'arte occidentale ed è stata utilizzata per esprimere gli ideali di bellezza maschile e femminile e di altre qualità umane. Il nudo artistico è stato uno dei principali interessi dell'antica arte greca, e dopo un lungo periodo di quasi totale scomparsa durante i secoli medioevali, risorge tornando nuovamente ad assumere una posizione centrale con il Rinascimento italiano.
Atleti, danzatori e guerrieri sono raffigurati nudi per rappresentare tutta la loro energia fisica e vigore, e le varie pose in cui si trovano giungono ad esprimere una vasta gamma di emozioni, basilari e complesse (vedi pathos). In un certo senso il nudo è un'opera d'arte che ha come suo scopo primario quello di sottoporre all'attenzione dello sguardo dello spettatore la nudità essenziale ed originale - oltreché perfettamente naturale - del corpo umano il quale forma in quest'occasione l'oggetto unico del genere artistico, allo stesso modo in cui oggetto della pittura paesaggistica è per l'appunto il paesaggio e quello della natura morta l'oggetto inanimato.
David di Michelangelo Buonarroti (1504) |
Spesso figure di nudo possono avere un loro ruolo anche in altri tipi di arte, come la pittura storica - tra cui l'arte sacra e allegorica - la ritrattistica o le arti decorative.
Pur non esistendo una definizione univoca, vi sono alcune caratteristiche generalmente accettate: nelle belle arti, il soggetto non viene semplicemente copiato dalla natura, ma trasmutato esteticamente dall'artista, concettualmente distinto dall'utilità e al di là di scopi puramente illustrativi o decorativi. Vi è oltre a ciò anche un giudizio di gusto, il fine è pertanto l'arte alta, non quella popolare o di massa: i giudizi di gusto non sono poi del tutto soggettivi, ma comprendono criteri di abilità e maestria nella creazione dell'oggetto d'arte, che viene in tal modo a produrre una complessità di messaggi.
Nonostante ciò alcune opere accettate come cultura altra in passato, tra cui molta arte accademica (vedi Art pompier), è ora vista come esageratamente imitativa o sentimentale, nota altrimenti anche come kitsch.
Anche se di solito associato con l'erotismo, il nudo può avere diverse interpretazioni e significati, che vanno dalla mitologia alla religione, allo studio dell'anatomia, o come rappresentazione simbolica della bellezza e l'ideale estetico di perfezione, come è stato ad esempio nell'antica Grecia. Lo studio e la rappresentazione artistica del corpo umano è stata una costante in tutta la storia dell'arte, dalla preistoria (con la Venere di Willendorf) fino ai giorni nostri.
Gli artisti moderni hanno continuato ad esplorare temi classici, ma anche rappresentazioni più astratte con le persone viste più individualmente e lontano da rappresentazioni ideali. Durante la maggior parte del XX secolo, la rappresentazione della bellezza umana è stata di scarso interesse per quegli artisti che si rifacevano al modernismo (vedi Art Nouveau) i quali si sono occupati invece degli aspetti più formali degli oggetti. Nell'epoca contemporanea o post moderna il nudo può esser veduto oramai come irrimediabilmente passatista da molti, ma vi son sempre artisti che continuano a trovare ispirazione nella forma del corpo umano nudo.
Nudità e nudo
Nel suo libro sul nudo nella storia dell'arte ("The Nude: a Study in Ideal", pubblicato per la prima volta nel 1956) Lord Kenneth Clark nell'introduzione distingue tra la semplice nudità di un corpo e il nudo come rappresentazione artistica; l'autore afferma che esser del tutto privi di vestiti, cioè completamente spogli di una "copertura", implica inevitabilmente una situazione d'imbarazzo e vergogna, mentre un nudo in quanto opera d'arte non ha mai in sé tali connotazioni. Questa separazione della forma artistica dalle questioni socio-culturali riferite alla nudità, rimane ancora a tutt'oggi non esaminata dagli storici dell'arte classica.
La maja desnuda; 1797 di Francisco Goya. |
Gli elementi più scioccanti per l'epoca erano che veniva mostrata una donna normalissima (non una figura mitologica quindi) in un ambiente moderno completamente nuda, non avendo l'autore neppure la remora di evidenziarne il pelo pubico.
Olympia (Manet) (1863) |
Alcune di queste stesse caratteristiche risulteranno scandalose quasi 70 anni dopo, quando Édouard Manet espose la sua Olympia, non a causa di questioni religiose bensì per la sua modernità tutta profana: piuttosto che essere un'odalisca fuori del tempo che avrebbe potuto venir visualizzata in modo sicuro e con distacco, l'immagine del pittore era invece quella di una prostituta della sua epoca, che poteva pertanto riferirsi con allusione implicita alle abitudini sessuali degli spettatori maschili.
Gli artisti contemporanei paiono non esser più interessati agli ideali e alle tradizioni del passato, preferendo invece affrontare - quando non aggredire - lo spettatore con tutta l'ansia, il disagio e la carta erotica che il corpo nudo (femminile o maschile che sia) riesce ad esprimere, forse eliminando del tutto il distinguo fatto da Clark tra nudità e nudo: la Performance art giunge al suo ultimo e più alto gradino presentando corpi reali nudi come opera d'arte.
Sessualità
Clark ha sottolineato che la tensione sessuale è parte dell'attrazione nei confronti del nudo come soggetto d'arte; le sculture erotiche del X secolo nei templi induisti sono grandissime opere d'arte, in quanto la sensualità che emanano è parte integrante della filosofia che vogliono rappresentare. In conclusione, la grande arte può avere anche contenuti sessuali forti senza per questo risultare necessariamente oscena.
Tuttavia le opere d'arte dai contenuti sessualmente espliciti prodotte in occidente prima del XX secolo, come L'origine du monde (1866) di Gustave Courbet, non erano destinate all'esposizione pubblica. Il giudizio se un particolare lavoro è più artistico o più pornografico rimane del tutto soggettivo ed è cambiato anche in maniera significativa nel corso della storia e da una cultura all'altra; alcuni individui giudicano ogni manifestazione del corpo nudo come inaccettabile, mentre altri possono trovare grandi meriti artistici nei contenuti sessuali espliciti dell'arte erotica. Il giudizio artistico pubblico a tal proposito può o meno affrontare la questione.
Molte culture tollerano la nudità nell'arte di più rispetto alla nudità "dal vivo", con diversi gradi di accettabilità. Per esempio in un museo dove ci sono opere d'arte di nudi, la nudità di un visitatore viene considerata inaccettabile. In certi casi la nudità dal vivo può essere considerata accettabile, ad esempio nel caso in cui i modelli non si muovano. In altre culture, come quella giapponese, la nudità non ha cattive connotazioni.
Reazioni pubbliche
Mentre il nudo, e in particolare quello del corpo femminile, è sempre stato uno dei soggetti più presenti ed evidenti delle opere esposte nei musei, il nudo artistico nella società statunitense è un argomento ancora al giorno d'oggi controverso quando giunge all'attenzione del pubblico in generale, sia per quanto riguarda gli eventuali finanziamenti da elargire che le sedi da concedere per l'esposizione.
Il puritanesimo prevalente negli Stati Uniti continua ad influenzare la selezione delle opere d'arte da esporre in musei e gallerie; allo stesso tempo i critici possono rifiutare un lavoro di nudo che non sia o ionico o feticista, quindi all'avanguardia: gli artisti che si rifiutano di aggredire il corpo con uno stile deformato che rappresenti le perversioni fisiche e psicologiche sono di solito respinti in quanto irrimediabilmente in sintonia col mondo dell'arte contemporanea.
Il nudo è stato accettato nell'ambito del salotto letterario francese dell'800, a condizione che l'ambientazione fosse chiaramente classica, presentando quindi personaggi di una cultura in cui la nudità era usuale. Jean-Léon Gérôme, Jóvenes griegos con pelea de gallos (1846, Musée d'Orsay). |
Le opere che celebrano il corpo umano sono suscettibili d'esser interpretate come troppo erotiche da una certa categoria di persone, e magari kitsch da un'altra. Secondo il critico Bram Dijkstra, molti nudi interessanti di artisti americani sono stati relegati nei magazzini dei musei, con mostre o pubblicazioni speciali molto rare negli ultimi decenni; i nudi relativamente "addomesticati" tendono ad esser prescelti per venire mostrati nei musei, mentre le opere di valore più scioccante (come quelle di Jeff Koons) sono esposti solo in gallerie d'avanguardia.
Dijkstra conclude dicendo che il modo dell'arte oggi svaluta la semplice bellezza ed il piacere che emana, anche se questi valori sono sempre stati ben presenti nell'arte del passato ed in varie opere contemporanee.
Spiegazione del nudo
Quando le scolaresche visitano i musei, sorgono inevitabili domande a cui insegnanti ed accompagnatori debbon esser preparati a rispondere; il consiglio di base è quello di sottolineare le differenze intrinseche tra il nudo artistico e le altre immagini di nudità: l'arte cerca di rappresentare l'universalità del corpo umano, e va interpretata e giudicata assieme ai valori ed alle emozioni che si è cercato di esprimere in quelle opere.
Nudo giovanile
Ragazzo nudo sulla spiaggia (1878) di John Singer Sargent. |
Nelle opere classiche i bambini sono stati molto raramente rappresentati nudi, tranne per quanto riguarda i neonati o la figura del putto. Prima dell'avvento di Sigmund Freud e della sua teoria sulla sessualità infantile, veniva dato per scontato che i bambini non provassero alcun sentimento erotico prima della pubertà, difatti il bimbo era mostrato spogliato proprio in quanto simbolo di purezza ed innocenza assoluta. Bambini che nuotano nudi vengono mostrati in diversi dipinti di John Singer Sargent, George Bellows e altri. In seguito vi sono state opere di nudi giovanili-adolescenziali sia simbolicamente che esplicitamente più erotiche.
Differenze di genere
«La rappresentazione del mondo, come il mondo stesso, è opera di uomini (maschi); essi descrivono dal loro punto di vista, che si confonde così con la verità assoluta. Simone de Beauvoir, Il secondo sesso»
Nudo maschile: dei e guerrieri
Giovane uomo nudo seduto in riva al mare (1836-7) di Hippolyte Flandrin. |
La storia dell'arte più accademica tende ad ignorare la sensualità del nudo maschile, limitandosi invece a considerarne solo la forma e composizione. Per gran parte della storia gli uomini nudi potevano rappresentare esclusivamente o santi martiri o in alternativa guerrieri.
Sono state alcune artiste donne, come Alice Neel - ma anche Lucian Freud (nipote di Sigmund) a dipingere il maschio moderno nudo nella classica posa reclinata ma con i genitali prominenti ed esposti allo sguardo (sottolineando così per la prima volta un ruolo attivo anche allo "sguardo femminile"); Sylvia Sleigh poi ha dipinto molte figure di maschio nudo fortemente effeminato.
Il nudo artistico maschile si è maggiormente espresso nella statuaria, con la scultura greca antica, ed ha raffigurato prevalentemente figure mitiche, divine o religiose: questo fino alla metà del XIX secolo, con l'irrompere della novità assoluta data dal nudo maschile nella fotografia.
Nudo femminile: veneri e odalische
Le dee greche sono state inizialmente scolpite adorne di vesti piuttosto che nude. La prima scultura a grandezza naturale di una donna completamente nuda in piedi è l'Afrodite di Cnido, scolpita nel 360 a.C. circa da Prassitele; ma è stato nel più tardo periodo ellenistico che il nudo femminile è divenuto molto più comune.
Quasi completamente scomparso durante il medioevo il nudo femminile riappare in Italia nel XV secolo; successivamente l'erotismo che lo accompagna è diventato più enfatico in dipinti come la Venere dormiente (1510) di Giorgione e nella serie di cinque quadri dedicata alla figura di Danae di Tiziano (1553-56). Queste opere hanno ispirato numerosi nudi femminili sdraiati dei secoli seguenti.
L'eccesso di dipinti di donne nude idealizzate presenti nel 19° annuale Salon parigino ha subito la satira di Honoré Daumier in una litografia del 1864.
Nel corso del XIX secolo il movimento che si richiamava alla corrente dell'orientalismo aggiunse un'altra tipologia figurativa al nudo femminile, oltre a quelle che già erano presenti, come possibile soggetto dei dipinti europei, quella dell'odalisca (la giovane donna schiava all'interno dell'harem): uno dei più famosi è stato La grande odalisca dipinta da Jean-Auguste-Dominique Ingres nel 1814.
Per Lynda Nead il nudo artistico femminile è una questione di contenimento della sessualità; nel caso invece del punto di vista dell'arte classica storica (rappresentato da Kenneth Clark) si tratta di un'idealizzazione della sensualità palese esteriore, mentre la visione moderna riconosce che il corpo umano è disordinato, illimitato e in definitiva assai problematico. Dalle immagini dell'arte classica che avevano assunto la figura di donna come essere virtuoso, debole e dipendente, si è passati ad una donna forte e libera che non può più in alcun modo essere definita come virtuosa.
Rivisitazioni moderne
Fino al 1960 la storia dell'arte e la critica hanno rifletuto raramente partendo da un punto di vista non strettamente maschile; il movimento artistico femminista ha cominciato a cambiare questo stato di cose. Lo scrittore, poeta e critico d'arte John Berger nel 1972 ha sostenuto che il nudo femminile riflette e rafforza il rapporto di potere esistente tra le donne ritratte nell'arte ed il pubblico prevalentemente maschile.
L'anno seguente la teorica del cinema femminista Laura Mulvey ha scritto in critica cinematografica femminista che il concetto stesso di sguardo maschile afferma implicitamente che tutti i nudi femminili sono intrinsecamente afflitti e sottomessi al voyeurismo dell'uomo che guarda.
Critica sociale
The Barricade (1918), olio su tela, di George Bellows. Ispirato da un incidente avvenuto nell'agosto 1914 in cui i soldati tedeschi hanno usato alcuni cittadini belgi come scudi umani. |
Il nudo è stato anche utilizzato per produrre forti dichiarazioni politico-sociali; un esempio di ciò è dato da "The Barricade" di George Bellows, che rappresenta i cittadini belgi utilizzati come scudi umani dai tedeschi durante la prima guerra mondiale. Anche se sulla base dei rapporti sul vero e proprio incidente viene provato che le vittime non erano nude, averle raffigurate in tal modo nella pittura ne sottolinea la loro vulnerabilità e universale umanità.
Censura
La rappresentazione artistica del nudo ha oscillato più volte nella storia dell'arte dal permissivismo e dalla tolleranza di quelle civiltà e culture che lo vedevano come qualcosa di assolutamente naturale, perfino incoraggiandolo in quanto ideale di bellezza (questo nell'antichità greca) fino al rifiuto e al divieto emesso dalle culture più moraliste e puritane, giungendo fino alla persecuzione e distruzione delle opere incriminate.
In particolare, il cristianesimo è una religione che non ha mai permesso facilmente la rappresentazione del corpo umano nudo, fatta eccezione per quelle immagini di contenuto più fortemente religioso e giustificate da un intento teologico, come nei casi di Adamo ed Eva o della crocifissione di Gesù, o ancora la rappresentazione delle anime dannate sofferenti nel profondo dell'inferno.
Con la rivalutazione della cultura classica ed un ritorno all'antropocentrismo nell'arte avvenuto durante il Rinascimento, giustificato da motivi sia allegorici che mitologici, si è avuta una netta contrapposizione con la Chiesa la quale ne ha rigettato in toto il pensiero: il Concilio di Trento (1563), che ha attuato tutte le teorizzazioni della Controriforma, ha postulato un ruolo di primo piano da dare all'arte come mezzo di diffusione dell'educazione religiosa, vincolandola inoltre alla rigorosa interpretazione delle Sacre Scritture, dando al contempo al clero il compito di controllare la corretta osservanza dei precetti cattolici da parte degli artisti.
La nudità nel mondo cattolico cominciò così a venire sempre più censurata. Un chiaro esempio di ciò è l'ordine dato dal Papa Paolo IV nel 1559 a Daniele da Volterra di coprire con dei pantaloni le parti intime delle figure del Giudizio universale michelangiolesco della Cappella Sistina; il Volterra per questo fatto è stato da allora in poi chiamato "il braghettone".
Poco dopo un altro papa, Pio V, affidò lo stesso compito a Girolamo da Fano ma, non contento del risultato ottenuto, a Clemente VIII nacque il desiderio di rimuovere completamente la vernice dall'intera Volta della Cappella Sistina: fortunatamente per la storia dell'arte venne dissuaso dal far ciò dai membri dell'accademia nazionale di San Luca.
Da allora in poi si sono viste ricoprire accuratamente le nudità di numerose opere d'arte, con tessuti pregiati o col disegno del vitigno, la pianta con cui Adamo ed Eva si sono nascosti i genitali per la vergogna a seguito del peccato originale. Un altro esempio di rifiuto del nudo nell'arte è stato quello in principio subito dalla famosa stata del David: appena fu installata in piazza della Signoria subì un tentativo di lapidazione pubblica, prima di conquistarsi il pieno affetto dei fiorentini.
Esempi di censura e persecuzione di nudi artistici abbondano in tutta la recente storia dell'arte occidentale; nel XVIII secolo Luigi di Borbone-Orléans (soprannominato il pio) aggredì con un coltello il quadro rappresentante Leda con il cigno di Correggio in quanto considerato troppo sfrenato e lascivo. La testa di Leda, irrimediabilmente distrutta, venne ridipinta solo in seguito.
Il regime inquisitorio ha toccato anche un artista come Francisco Goya, che venne denunciato al Sant'Uffizio per la sua "Maja desnuda"; il quadro arrivò ad essere sequestrato dal tribunale nel 1814 quando l'inquisizione spagnola lo definì osceno. L'assoluzione dell'artista giunse grazie all'intervento provvidenziale del cardinale spagnolo Luis María de Borbón y Vallabriga; tuttavia l'opera rimase fuori dagli occhi del pubblico fino all'inizio del '900.
Nella seconda metà dell'800 l'artista statunitense Thomas Eakins si è visto respinto dalla Pennsylvania Academy of Arts di Filadelfia per aver introdotto nella pratica accademica lo studio del nudo preso dal naturale. In Belgio ancora nel 1865 Victor Lagye fu incaricato dei coprire le figure di Adamo ed Eva dal trittico mistico presente nella Cattedrale di San Bavone a Gand. Per finire in Gran Bretagna, su espressa richiesta della Regina Vittoria venne applicata un'enorme foglia di fico per coprire il sesso di una replica del David di Michelangelo a tutt'oggi conservata al Victoria and Albert Museum.
La Venere Nuda del XVI secolo utilizzata come manifesto pubblicitario e censurata nel 2008. |
Anche nel XX secolo vi sono stati numerosi casi di censura e attacchi al nudo artistico; nel 1914 una suffragetta inglese di nome Mary Richardson aggredì a colpi di mannaia la Venere Rokeby di Diego Velázquez accusandola d'offrire un'immagine distorta della donna, considerata come mero oggetto di sensualità: il vandalismo provocò sette profondi tagli, causando i danni maggiori nella zona delle spalle della figura, ma riparati con successo dal restauratore capo della National Gallery Helmut Ruhemann. La Richardson è stata condannata a sei mesi di carcere, il massimo consentito per la distruzione di un'opera d'arte
Nel 1917 la polizia fece chiudere una mostra di Amedeo Modigliani nella galleria Berthe Weill il giorno medesimo dell'inaugurazione per aver esposto nudità che mostravano il pelo pubico.
Nel 1927, durante la dittatura di Miguel Primo de Rivera (1923-30), vi è stata una grande polemica sul posizionamento delle varie sculture di nudi in Plaça de Catalunya a Barcellona durante le opere di ristrutturazione per l'Expo 1929; mentre nel 1931 (durante la seconda repubblica spagnola) si svolse un'esposizione del nudo organizzata dal "Cercle Artistic de Sant Lluc" a cui hanno partecipato i migliori artisti provenienti da tutta la Spagna.
Ancora in pieno XXI secolo, anche se solitamente il nudo viene visto in modo naturale dalla maggior parte della popolazione, si sono verificati casi di censura artistica: nel 2001 il procuratore generale degli Stati Uniti John Ashcroft ha ordinato di nascondere la statua intitolata "Spirito di Giustizia" che presiede la sala delle conferenze del dipartimento di giustizia di Washington, la sua colpa era quella di mostrare i seni nudi.
Nel 2008 vennero ritirati dalla metropolitana di Londra i cartelloni pubblicitari che riproducevano una Venere nuda dipinta da Lucas Cranach il Vecchio; serviva per annunciare una mostra sul pittore rinascimentale tedesco presso la Royal Academy: la motivazione è stata che "potrebbe ferire e offendere la sensibilità degli utenti della metropolitana."
Sempre nel 2008 l'allora premier italiano Silvio Berlusconi ha imposto di far coprire le mammelle nude mostrate nell'allegoria de La Verità svelata dal Tempo di Giambattista Tiepolo, in quanto era l'immagine centrale della sala delle conferenze stampa date dal governo ed appariva sullo sfondo delle apparizioni televisive del capo del governo, proprio a lato della sua testa.
Nudo antiestetico
Saturno che divora i suoi figli (1819-1823) di Francisco de Goya, al Museo del Prado. |
Di solito s'identifica il nudo con la bellezza, ma invero non tutti i nudi artistici sono gradevoli; vi sono raffigurazioni di personaggi nudi che per vari motivi sono brutti o disgustosi o privi di qualsiasi attrattiva fisica, sia per bruttezza di nascita che per deformità o malformazioni, o di esseri rappresentati nella loro vecchiezza, o di figure malvagie o depravate, infine perché si tratta di mostri o creature fantastiche della mitologia (come i satiri e i sileni) o della religione (demòni e streghe).
Come nel caso della bellezza, così anche la bruttezza è una percezione relativa e differente da una cultura all'altra, da un tempo all'altro e da un luogo all'altro: per l'uomo occidentale una maschera africana può sembrare orribile, ma per i suoi adoratori rappresenta un dio benevolo; ad alcuni l'immagine sanguinolenta e mortuaria di un uomo crocifisso può apparire estremamente sgradevole, pur essendo il simbolo cristiano per eccellenza della redenzione e della salvezza.
La bruttezza può essere fisica o spirituale e si può riconoscere nelle deformità, nell'asimmetria e mancanza di armonia; può inoltre rappresentare concetti morali malvagi come bassezza e meschinità, insieme ad altre categorie come scortesia, nausea, repellenza, il grottesco e l'abominevole, il disgustoso, l'osceno e il sinistro.
Già nell'antica Grecia vi era una dicotomia tra l'equilibrio del periodo classico ed il sentimentalismo esasperato e tragico del periodo ellenistico: di fronte all'energia vitale trionfante degli eroi e degli atleti si pose il pathos, l'espressione della sconfitta, il dramma, la sofferenza dei corpi maltrattati e deformi, malati o mutilati. Questo può essere notato nei miti riguardanti la strage dei figli di Niobe, l'agonia di Marsia, la morte dell'eroe (ad esempio quella di Ettore) o il destino tragico e crudele assegnato a Laocoonte e ai suoi due figli; tutte tematiche affrontate nell'arte del tempo.
Questo pathos si spostò nel Medioevo nella rappresentazione della passione di Gesù e della morte di santi come San Sebastiano e San Lorenzo, trafitto dalle frecce l'uno, messo al rogo sulla graticola l'altro: i supplizi ai quali incorsero sono stati spesso riflessi nell'arte in autentici parossismi di dolore e pena. Il martirio cristiano, per la teologia è stato simbolo supremo di sacrificio e redenzione.
Nel campo filosofico uno dei primi a rompere col concetto di bellezza classica è stato Gotthold Ephraim Lessing, che nel suo "Laocoonte ovvero sui confini tra poesia e pittura" (1766) ha respinto l'idea di perfezione classica fattane da Johann Joachim Winckelmann, dicendo che non vi può essere un concetto di perfezione universale per tutti i tempi e tutte le arti. Anche se non ha respinto la possibilità di trovare un sistema che colleghi la totalità delle espressioni artistiche, ha però fortemente criticato le analogie assolute come la formula di Quinto Orazio Flacco "Ut pictura poësis" (La pittura come la poesia). Per Lessing pittura e poesia, esaminati nei loro contesti imitativi, sono cose differenti.
Successivamente Johann Karl Friedrich Rosenkranz ha introdotto nel suo trattato "Estetica della bruttezza" (Aesthetik des Hässlichen, 1853) propriamente il concetto di bruttezza come categoria estetica: seguendo il sistema della dialettica propugnata da Georg Wilhelm Friedrich Hegel, la bellezza viene affermata come tesi mentre la bruttezza come antitesi, dando la risata come sintesi: il brutto viene così sostituito dal comico.
Per lui il brutto non esiste di per sé, ma solo se viene raffrontato col bello; il brutto è sempre relativo mentre la bellezza rimane assoluta: in tal modo il brutto, il negativo estetico, viene superato ed oltrepassato dal di dentro, come il male che divora se stesso. Alla stessa maniera sistematizzò le categorie riguardanti il brutto nei concetti di deformità, deturpazione e scorrettezza estetico-morale
https://it.wikipedia.org/wiki/Nudo_artistico
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