Coronavirus, il «paziente 1 rifiutò il ricovero» a Codogno: la ricostruzione
Il direttore generale dell’Asst di Lodi, da cui dipende anche l’ospedale di Codogno, ha chiarito che il «Paziente 1» non era sospetto, quando si è presentato per la prima volta in pronto soccorso: e ha rifiutato la «proposta prudenziale» di ricovero
Mentre l’Italia si trova ad affrontare la situazione di emergenza dettata dalla diffusione del Coronavirus, si chiariscono sempre più le circostanze che avrebbero portato alla diffusione di uno dei focolai più importanti, quello del Lodigiano. Secondo quanto dichiarato da Massimo Lombardo, direttore dell’Azienda sanitaria di Lodi, il paziente «caso 1» — il 38enne ancora ricoverato, in condizioni stabili, all’ospedale di Pavia — quando si è presentato per la prima volta al pronto soccorso di Codogno, «si è presentato al pronto soccorso dell’Ospedale di Codogno una prima volta il giorno 18 febbraio senza presentare alcun criterio che avrebbe potuto indentificarlo come “caso sospetto” o “caso probabile” di infezione da Coronavirus secondo le indicazioni della circolare ministeriale del 27 gennaio 2020». «Durante l’accesso», scrive ancora Lombardo, «è stato sottoposto agli accertamenti necessari e a terapia; tuttavia decideva di tornare a casa nonostante la proposta prudenziale di ricovero».
«Nella notte tra i giorni 18 e 19 febbraio», il «paziente 1» si è poi ripresentato «al pronto soccorso dello stesso ospedale per un peggioramento dei sintomi: viene quindi ricoverato nel reparto di medicina dove il peggioramento delle condizioni cliniche ha determinato l’intervento del rianimatore la mattina del 20 febbraio e il contestuale ricovero in rianimazione». Ed è solo a questo punto — dopo che il giovane è stato visitato, in reparto di Medicina, da parenti, amici e molti medici — che «parlando con la moglie, il rianimatore viene informato di una cena, svoltasi a fine gennaio, alla quale avrebbe partecipato il “Caso 1” e dove era presente un amico rientrato dalla Cina». «Ma anche quest’ultimo fatto, secondo i protocolli del ministero» — chiarisce Lombardo — «non classificava il “Caso 1” come “caso sospetto” o “caso probabile”».
Secondo quanto ricostruito dal Corriere qui, tra il momento in cui il «paziente 1» entra per la seconda volta in Pronto soccorso (le 3.12 del 19 febbraio) e il momento in cui gli viene effettuato il tampone (intorno alle 16 del 20 febbraio) sono trascorse 36 ore. In realtà, le linee guida del ministero della Salute del 22 gennaio su chi va sottoposto al tampone, dicono che è da trattare come caso sospetto anche «una persona che manifesta un decorso clinico insolito o inaspettato, soprattutto un deterioramento improvviso nonostante un trattamento adeguato». E una polmonite per un 38enne sano e sportivo, in realtà, lo può essere. Ma la nuova versione delle linee guida ministeriali del 27 gennaio aveva cancellato quella frase e prevedeva controlli solo per chi avesse avuto legami con la Cina.
Le cartelle cliniche del paziente 1 — secondo quanto riportato dall’agenzia Ansa — sono state oggi sequestrate dai carabinieri del Nas di Piacenza. La Procura di Lodi ha aperto un fascicolo, al momento a carico di ignoti.
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