Continua la ricerca della sua civiltà perduta in Amazzonia
Tutto ebbe inizio con la spedizione di Percy Fawcett alla ricerca della mitica città di Z. Dopo quasi 100 anni possiamo dire che esisteva una civiltà andata perduta in Amazzonia.
Non è complottismo e nemmeno teoria di paleocontatto alieno: in Amazzonia, ritenuta sempre terra incontaminata, esisteva una civiltà avanzata capace di creare complessi insediamenti urbani ormai erosi dal tempo.
Le tracce sono tutte li e grazie alle nuove tecnologie le stiamo rinvenendo. Inoltre sotto la giungla vi sono chilometri quadrati di terra resa fertile da questa civiltà. Chi erano e cosa sapevano fare?
Una civiltà perduta immensa
La storia viene riscritta ogni anno ed alcune scoperte lo fanno più di altre. Pensiamo per esempio a Gobekli Tepe e quanto questo sito ha tirato indietro le lancette della nostra civiltà. Ora infatti è pensiero comune che tutto ebbe inizio nel 8.000-10.000 avanti cristo circa e non con la civiltà sumera nel 4000. Altre scoperte sensazionali come le piramidi cinesi e quelle immense in indocina stanno venendo alla luce e con essa anche la civiltà amazzonica.
Terreno fertile, milioni di reperti ceramici, città con oltre 400.00 abitanti: ecco quello che hanno trovato in Amazzonia alcuni ricercatori statunitensi e brasiliani. Un’antica civiltà nata oltre 2.000 anni fa (e vista anche dal grande esploratore spagnolo Francisco de Orellana), che in apparenza si basava su un suolo fertile e profondo, tutto il contrario di quello che si pensava dovesse esistere nell’Amazzonia. I territori fertili, chiamati terra preta do Indio (terra scura dell’indio) sono la vera sorpresa della ricerca. Sparsi su tutto il territorio amazzonico, ma specialmente su colline nei pressi dei fiumi, le porzioni di terra preta sono inspiegabili anche per un’altra ragione.
Un suolo fertilissimo
Tutte le civiltà agricole del pianeta hanno, nel giro di alcuni secoli, impoverito il suolo su cui vivevano. Gli indigeni che hanno creato la terra preta sono invece riusciti ad arricchire il suolo stesso. Come abbiano fatto è un mistero svelato solo in parte; secondo i ricercatori, questi antichi abitanti del Brasile bruciavano solo parzialmente gli alberi della foresta prima di coltivarla, e lasciavano i tronchi carbonizzati nel suolo. Il carbone stesso costituiva lo “scheletro” del suolo, e cedeva lentamente i nutrienti alle piante coltivate.
Una foresta pluviale «deserta» che ospitava in realtà un milione di persone, in villaggi fortificati. A stupire maggiormente gli archeologi è stato il ritrovamento di misteriosi lavori in terra chiamati geoglifi, ovvero dei fossati di forma quadrata, circolare o esagonale, il cui scopo è ancora sconosciuto, anche se probabilmente collegato a dei rituali cerimoniali.
La ricerca, finanziata da National Geographic e dal progetto del Consiglio europeo della ricerca, è stata pubblicata sulla rivista Nature Communications e rivela la presenza di 1.300 geoglifi in 400 mila chilometri quadrati dell’Amazzonia meridionale. «Solo» 81 sono stati esaminati finora, il che fa pensare che la ricerca – così come le scoperte – sarà ancora lunga e fruttuosa.
«Esiste un malinteso comune secondo cui l’Amazzonia è un paesaggio incontaminato, sede di comunità nomadi. Questo invece dimostra il contrario. Abbiamo scoperto l’esistenza di popolazioni stanziali, in zone completamente diverse da dove ci aspettavamo di trovarle», ha affermato il dottor Jonas Gregorio de Souza.
«Siamo entusiasti di aver trovato una tale ricchezza di prove e reperti», ha riferito invece il professor José Iriarte, secondo cui «La maggior parte dell’Amazzonia non è stata ancora scavata, ma studi come il nostro indicano che stiamo percorrendo la strada giusta per ottenere maggiori informazioni sulla storia della più grande foresta pluviale del pianeta».
https://www.nibiru2012.it/amazzonia-continua-la-ricerca-della-sua-civilta-perduta/
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