Uno studio britannico mette a confronto la velocità di degradazione di vari tipi di plastiche nel suolo, in acqua e all'aria aperta: nessuno dei sacchetti si è dimostrato eco-friendly in tutti e tre i contesti.
Per fare fronte al ben noto problema dei sacchetti di plastica abbandonati nell'ambiente, da tempo in molti Paesi le normative hanno imposto buste in bioplastiche, che dovrebbero avere un'impronta più lieve sugli ecosistemi. Uno studio pubblicato su Environmental Science and Technology dimostra invece che persino i sacchetti biodegradabili possono conservare una struttura pressoché intatta, e persino sopportare un carico di spesa, dopo tre anni di abbandono nella natura.
Anche se nulla rimane nell'ambiente tanto a lungo quanto i sacchetti in polietilene - quelli che per noi sono le vecchie buste della spesa, che impiegano 20 anni solo a perdere il colore e, per quel che ne sappiamo, impiegano secoli a decomporsi - lo studio condotto dai ricercatori dell'Istituto di Biologia e Scienze Marine della University of Plymouth (UK) rivela che nessuno dei materiali alternativi scompare o si degrada allo stesso modo in ogni habitat: alcuni tipi di plastica si consumano più facilmente in mare, altri all'aria aperta, ma non ne esiste alcuna che si possa abbandonare a cuor leggero.
TRE ANNI DI SPAZZATURA. I ricercatori hanno studiato le modalità di degradazione di diversi tipi di buste - plastica biodegradabile, oxo-degradabile (cioè con additivi che ne velocizzano la frantumazione), compostabile e, per confronto, vecchi shopper - per un periodo di tre anni. Un chiarimento: anche se nel linguaggio comune sono spesso usati come sinonimi, biodegradabile non significa automaticamente compostabile.
Si definisce biodegradabile qualunque materiale che possa essere scomposto (da batteri, luce solare e altri agenti naturali) in composti chimici semplici, come acqua, anidride carbonica e metano. Questo non implica tempi brevi: la normativa europea stabilisce che, per essere detto biodegradabile, un prodotto debba decomporsi del 90% entro 6 mesi. Quello che poi resta di un sacchetto di questo genere può rimanere nell'ambiente anche per anni.
Compostabile, invece, significa tramutabile in compost: non solo biodegradabile, perciò, ma anche trasformabile in terriccio fertile e ricco di sostanze organiche. Il processo di decomposizione deve avvenire, in questo caso, in meno di tre mesi.
ABBANDONATI (PER FINTA). Nei test, i sacchetti sono stati esposti a diverse condizioni ambientali: all'aria aperta, interrati o in acqua di mare. I materiali compostabili si sono disintegrati completamente dopo tre mesi in ambiente marino: la ricerca sottolinea però che al momento nulla si sa della natura dei sottoprodotti e che dovrebbe essere verificato il loro impatto sui diversi ecosistemi. Lo stesso tipo di borsa non si è però degradato in ben 27 mesi trascorsi sottoterra, anche se poi è risultato incapace a sostenere peso senza rompersi.
Diverso il discorso per i sacchetti biodegradabili, scoloriti ma sostanzialmente intatti dopo ben tre anni in acqua di mare, addirittura capaci di reggere il peso di una spesa. L'esposizione all'aria aperta ha prodotto risultati ancora differenti: dopo 9 mesi in questa condizioni, tutti i tipi di buste si sono ridotte in piccoli frammenti.
UNA VERA SOLUZIONE, NON C'È. Lo studio ribadisce un concetto essenziale: non esistono materiali che scompaiono magicamente!Nonostante vi siano ancora molte questioni da chiarire, i sacchetti biodegradabili e compostabili vanno comunque riciclati nella maniera corretta, perché abbandonarli nell'ambiente equivale a inquinare. Persino le buste compostabili, quelle che dovrebbero decomporsi meglio e in tempi più rapidi, hanno bisogno di microbi, umidità, calore, ossigeno e... tempo, per svanire.
https://www.focus.it/ambiente/ecologia/le-buste-biodegradabili-ancora-integre-dopo-3-anni-in-mare
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