Ricostruzione paleoambientale dell'area di San Giorgio, così come si doveva presentare circa 300 milioni di anni fa. Illustrazione di D. Zoboli. |
Appartengono ad animali simili a salamandre e risalgono a circa 300 milioni di anni fa: sono le tracce lasciate dai più antichi vertebrati terrestri conosciuti in Italia, rinvenute in Sardegna quindici anni fa. La scoperta, pubblicata sulla rivista americana "Ichnos", che si occupa di paleoichnologia (la branca della paleontologia che studia le tracce fossili lasciate dagli organismi del passato), è stata fatta dai ricercatori del Dipartimento di Scienze Chimiche e Geologiche dell'Università di Cagliari Daniel Zoboli e Gian Luigi Pillola, in collaborazione con Lorenzo Marchetti, del Dipartimento di Geoscienze dell'Università di Padova, e di Fabio Massimo Petti, del Museo delle Scienze di Trento.
Come spesso accade nel mondo scientifico, si tratta di una scoperta "postuma", in quanto derivante da uno studio approfondito di reperti risalenti ad una campagna di scavo del 2004, che vide la collaborazione tra le Università di Cagliari e La Sapienza di Roma, reperti a quel tempo analizzati solo preliminarmente e riposti negli archivi del Museo Sardo di Geologia e Paleontologia Domenico Lovisato dell'Università di Cagliari, dove sono tutt'ora conservati.
Impronte |
Gli affioramenti provengono dalla località San Giorgio, qualche chilometro a sud di Iglesias, nel Sud-ovest della Sardegna. "Purtroppo - ha proseguito Zoboli - attualmente a San Giorgio sono visibili solo alcuni affioramenti di rocce del Carbonifero, dal momento che buona parte di queste sono ricoperte dai depositi di scarto provenienti dalla miniera di piombo e zinco di Campo Pisano.
Quel poco che affiora, però, è stato sufficiente per capire che circa 300 milioni di anni fa, in quell'area si estendeva un bacino lacustre le cui sponde, bordate da una vegetazione lussureggiante, erano popolate da antichissimi animali.
La datazione si basa sulle associazioni di pollini e spore del deposito fossilifero, che permettono di determinare le diverse biozone. In questo contesto, le impronte consentono di risalire al tipo di paleoambiente ed effettuare le ricostruzioni paleoecologiche.
Colonna stratigrafica dei depositi lacustri carboniferi di San Giorgio e uno degli affioramenti fossiliferi. Disegno D. Zoboli; fotografia di G.L. Pillola |
"Nel nostro studio - precisa Zoboli - abbiamo revisionato queste impronte, che sono state ora attribuite a tracce indeterminate, in quanto, assieme allo stato di conservazione, non consentono una classificazione ichnotassonomica precisa. Quelle tracce, probabilmente furono lasciate da piccoli anfibi microsauri".
L'evidenza lascia pensare che gli anfibi dell'epoca erano molto numerosi in un ambiente che permetteva loro di vivere e riprodursi agevolmente, all'interno di una spiccata biodiversità.
L'analisi accurata dei reperti del 2004, provenienti dagli stessi livelli fossiliferi delle tracce ritrovate oltre 40 anni fa, in cui sono state individuate numerose altre piccole impronte, sia isolate che in piccole piste, ha consentito invece una classificazione più precisa circa la specie che le ha lasciate.
Impronte di anfibi attribuite all'ichnospecie Batrachichnus salamandroides e ritrovate a San Giorgio. Fotografia di Museo D. Lovisato, Cagliari. |
Ma nel sito sulcitano, non sono state ritrovate solo tracce di anfibi. Come spiega Gian Luigi Pillola, "in località San Giorgio abbiamo trovato le impronte lasciate da altri animali quali artropodi miriapodi (Ichnogenere diplichnites), vermi (Cochlichnus anguineus) e probabili larve di insetto o organismi vermiformi (Treptichnus bifurcus). Sempre in quel giacimento, nei livelli fossiliferi coevi, sono stati rinvenuti un'ala di blatta (quasi del tutto simile a quelle attuali), un frammento di carapace del millepiedi gigante Arthropleura (che si stima potesse raggiungere quasi 3 metri di lunghezza) e il fossile di un piccolo aracnide primitivo, simile ad un ragno, appartenente alla specie Anthracomartus voelkelianus".
I fossili di questi artropodi, sono attualmente conservati ed esposti nelle vetrine del Museo dei Paleoambienti Sulcitani Edouard-Alfred Martel di Carbonia. Ancora una volta, la Sardegna si conferma essere una porta aperta e privilegiata per i paleontologi, con la presenza del più antico biota continentale noto in Italia.
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