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Una mappa elaborata dalla NOAA e dalla NASA mostra la distribuzione e la densità della copertura forestale sulla Terra.|NOAA |
La clorofilla, il pigmento responsabile della fotosintesi, appare verde perché assorbe molto bene la luce visibile negli intervalli di frequenza del blu e del rosso; ma dallo Spazio, la luce solare riflessa dal nostro mondo ricoperto di piante mostra un picco imponente verso la lunghezza d'onda dei 700 nanometri - ai limiti delle capacità visive umane, dove la luce rossa si avvicina all'infrarosso. Questa "firma" può essere utilizzata per rintracciare vita (se non altro, vegetale) su esopianeti abitabili.
RIFLESSO VARIABILE. Un team di ricercatori della Cornell University - la stessa di Sagan - ha ora studiato come la variabilità della copertura vegetale e i cambiamenti geologici attraversati dalla Terra abbiano cambiato questa specifica impronta luminosa: un modello che si rivelerà molto utile anche per determinare l'età degli esopianeti studiati. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Astrobiology.
«I nostri modelli mostrano che la firma di riflettività della Terra cresce insieme alla copertura vegetale sulla superficie, ma anche con l'età del Pianeta», chiarisce Jack O'Malley-James, tra gli autori dello studio. Negli ultimi 500 milioni di anni la vita terrestre si è evoluta ed è cambiata drammaticamente, e il nostro pianeta è passato dall'essere - più volte - coperto dai ghiacci, alla diffusione di foreste sulla sua superficie.
DOVE CERCARE. «Nello studio - dicono i ricercatori - esploriamo come i cambiamenti nelle piante terrestri, insieme a trasformazioni geologiche come la copertura di ghiaccio durante le ere glaciali e i periodi interglaciali, abbiano influenzato la visibilità del VRE nel nostro passato geologico. I risultati suggeriscono che gli esopianeti terrestri più vecchi e più caldi siano un buon target per la ricerca di questa "firma"». Altri promettenti candidati potrebbero essere esopianeti con clima arido, cieli tersi, poche nuvole e infinite foreste di cactus.
Capire come l'evoluzione della vita abbia alterato le biosegnature terrestri ci aiuterà a individuare i pianeti più papabili sui quali cercarla a nostra volta. «Il segnale individuato da Galileo era simile a come potrebbero apparire le osservazioni per un esopianeta in un altro sistema stellare, ma certamente, Galileo era più vicino» spiega O'Malley-James. «Osservare un esopianeta è più complicato, tuttavia i telescopi stanno diventando sempre più abili nel rintracciare anche i più deboli segnali».
https://www.focus.it/scienza/spazio/evoluzione-piante-terrestri-vita-aliena-esopianeti
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