Da sinistra a destra: Abu Bakr al-Baghdadi, il tiranno "millenarista" alla guida del Califfato islamico; Napoleone Bonaparte, a rappresentare i tiranni "illuminati"; e Murad IV, tipico esempio di tiranno "giardiniere".
Breve storia della tirannia: 2500 anni di potere, ingiustizie e terrore.
Cambiano gli Stati e i confini, la tecnologia evolve, la Scienza avanza, ma c'è qualcosa che ancora oggi rimane duratura e granitica come un tempo: la tirannia. E sembra che il suo spirito sopravviva persino rinvigorito che si tratti del terrorismo jihadista, dell’imperialismo di Putin, o delle ambizioni espansionistiche cinesi.
Lo storico Waller R. Newell – docente di Scienze politiche e Filosofia alla Carleton University di Ottawa (Canada) - ha provato a capire come e perché la tirannia sia una caratteristica permanente dell’orizzonte umano. Nel suo libro Tiranni (Bollati Boringhieri, 2017), Newell mette a nudo la figura del tiranno, raccontando in modo articolato e coinvolgente la lunga scia di sangue, ingiustizie e terrore che in oltre duemila anni despoti di ogni ordine e grado si sono lasciati alle spalle.
Newell ripercorre tutti i governi tirannici esistiti nel corso della storia e tuttora esistenti. Il suo racconto segue la strana evoluzione della tirannia dalle sue origini nell’antica Grecia e a Roma ai despoti edificatori dello Stato che hanno portato l’Europa fuori del feudalesimo, traghettandola nei tempi moderni. Ripercorre le tirannie totalitarie iniziate con il Terrore giacobino del 1793 e proseguite con i bolscevichi, i nazisti, il presidente Mao, i Khmer Rossi e i jihadisti di oggi.
In particolare Newell distingue tre tipi di tiranni e questa distinzione è particolarmente interessante e vale la pena analizzarla.
GIARDINIERI. Al primo tipo appartiene quello che lo storico canadese definisce «tiranno giardiniere», al tempo stesso il più antico e tuttora il più frequente nel nostro mondo. Si tratta fondamentalmente di uomini che dispongono di tutto un paese e della sua società come fossero loro proprietà personali, sfruttandoli per il proprio piacere e profitto e per favorire i loro famigliari e sodali. Come ha detto Aristotele, essi governano su un paese da «padroni», come se fossero a casa loro. Non è inconcepibile che un tale sovrano possa anche recare dei benefici al suo popolo, dimostrandosi un leader vigoroso in guerra e contribuendo a sviluppare l’economia. Alla fine, però, tutto mira esclusivamente al proprio profitto e piacere e a quello del proprio clan.
Come afferma il cinico sofista Trasimaco nella Repubblica di Platone, se il tiranno ingrassa il suo gregge di pecore umane, lo fa solo per guadagnarci di più quando le scannerà. Questi tiranni (anche se non sempre) si abbandonano spesso a titanici eccessi di edonismo e crudeltà, tanto sono sommersi di ricchezze che hanno razziato e tanto si sentono immuni a qualsiasi legge.
Gli esempi di tiranni giardinieri tratti dalla storia abbondano, da Gerone I di Siracusa all’imperatore Nerone, dal Generalissimo Franco in Spagna ad Anastasio Somoza Debayle in Nicaragua, da Papa Doc Duvalier fino a Mubarak in Egitto.
Il sultano Murad IV era solito divertirsi stando in piedi sulle mura del palazzo e abbattendo con il suo moschetto i passanti innocenti che camminavano sotto gli spalti. A volte correva per le strade uccidendo con la sua spada chiunque incontrasse.
ILLUMINATI. Il secondo tipo è il «tiranno riformatore». Si tratta di uomini effettivamente spinti dall’ambizione a godere di sommi onori e ricchezze e a esercitare un potere assoluto e libero dai vincoli della legge o della democrazia. Costoro non sono tuttavia semplici edonisti o profittatori. Desiderano realmente migliorare la loro società e il popolo attraverso un esercizio costruttivo della propria autorità illimitata.
Gli esempi includono Alessandro Magno, Giulio Cesare, i Tudor, i «despoti illuminati» come Luigi XIV, Federico il Grande, Napoleone e Kemal Atatürk.
Laddove nessuno sano di mente potrebbe provare altro che disprezzo morale per i tiranni giardinieri come Nerone, ebbri di avidità e stupidi eccessi, tiranni riformatori pongono una sfida più complessa, perché attraggono spesso un largo seguito di sudditi pieni di ammirazione e sinceramente convinti che stiano facendo ciò che è meglio per il bene comune. Spesso, non sono nemmeno percepiti come i tiranni, ma come paladini della gente comune. I tiranni riformatori non solo portano alla vittoria e all’indipendenza i loro popoli con la guerra, ma si imbarcano in progetti su larga scala per migliorare la società del loro regno con rinnovamenti urbani, leggi, servizi igienico-sanitari, istruzione e contrazione del divario economico tra ricchi e poveri.
Sebbene difficilmente immuni dal monopolio degli onori pubblici e dal desiderio di camuffarsi con i titoli dei legittimi sovrani che hanno usurpato, essi vogliono essere molto, molto di più di un semplice capo clan o khan, pronto a ingrassarsi a spese dei sudditi. Essi desiderano niente di meno che imporre l’ordine in un mondo caotico, a beneficio del genere umano, e guadagnare così la fama eterna – un impulso emerso fin dai tempi più antichi in tiranni che aspiravano al potere su scala mondiale, come Nabucodonosor o i faraoni d’Egitto. Nella loro vita personale, sono spesso ascetici o perlomeno morigerati, ricorrono alla violenza per scopi concreti e non a crudeltà inutili e stravaganti e sono pronti a sopportare le stesse difficoltà dei loro soldati.
Napoleone, nonostante le pretese di magnificenza imperiale alla sua corte, indossava sul campo di battaglia un semplice pastrano, circondato da fatui marescialli che indossavano cappelli piumati e abbaglianti uniformi gallonate
Hitler esibiva un’elaborata cortesia austriaca verso i suoi segretari, simile a quella di un banchiere borghese, prendendo amabilmente in giro coloro che lo stavano facendo ingrassare servendogli troppa torta. Leggi anche: 10 cose che (forse) non sai su Hitler | EVERETT COLLECTION/CONTRASTO
DISTOPICI. Il terzo tipo è rappresentato dai «tiranni millenaristi». Questi governanti non si accontentano di essere dei banali tiranni giardinieri, ingordi e sfruttatori, e neppure di essere dei tiranni riformatori che aspirano a realizzare miglioramenti costruttivi. Sono guidati piuttosto dall’impulso di imporre un regime utopico a cui l’individuo deve sottostare per il bene collettivo e in cui ogni privilegio e alienazione saranno per sempre sradicati.
Nella loro schiera rientrano figure come Robespierre, Stalin, Hitler, Mao, Pol Pot e i jihadisti di oggi.
Il raccapricciante paradosso della loro rivoluzione è che il futuro mondo di perfetta armonia richiede nel presente mostruosi eccessi di omicidi di massa, guerre e genocidi. Newell lo definisce «genocidio utopico», ispirato da ideali che uccidono.
Mentre i tiranni giardinieri e quelli riformatori sono esistiti nel corso della storia umana dai tempi più antichi fino a oggi, i tiranni millenaristi sono rigorosamente moderni e non hanno precedenti storici fino al Terrore giacobino del 1793.
Non c’è dubbio che i tiranni millenaristi facciano cose per i loro paesi che li sovrappongono al tipo del tiranno riformatore: Stalin e Hitler, per esempio, contribuirono entrambi alla modernizzazione economica e tecnologica dei rispettivi Stati. A porte chiuse, questi tiranni sono in grado di abbandonarsi ad alcuni degli eccessi perversi del tiranno giardiniere, ma, in fondo, il loro obiettivo va «oltre la politica»: essi vogliono distruggere il mondo di oggi al fine di realizzare il Nirvana del «comunismo», del «Reich millenario» o del «Califfato mondiale».
Riferendosi ai suoi ammiratori in Europa e in America, Stalin era solito chiamarli «utili idioti»
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