La strage dei pulcinella di mare
In mezzo al mare di Bering stanno morendo centinaia di uccelli, che hanno già provocato l’allarme tra gli scienziati. Il fenomeno potrebbe essere legato al riscaldamento globale
Era metà ottobre quando i puffin, o pulcinella di mare, hanno cominciato ad arrivare sulle rive dell’isola di Saint Paul.
Prima erano una manciata, poi decine, poi sono diventate talmente tante che i volontari che ne raccoglievano i corpi hanno iniziato a condurre a mano i loro quad invece di guidarli. Era più semplice che doversi fermare ogni pochi passi.
Le centinaia di pulcinella scheletriche, arrivate già morte su questa striscia di terra ventosa nelle isole Pribilof, in mezzo al Pacifico settentrionale, hanno messo in allarme gli scienziati non solo per le condizioni delle popolazioni di questi uccelli marini, dal volto bianco e dal becco arancione, ma anche in merito a cosa significheranno queste morti per gli ecosistemi del mare di Bering.
Un’area che da sola fornisce più pesce di qualsiasi altra in Nord America ha affrontato delle temperature da record, quest’anno, al punto che gli scienziati sospettano che la catena alimentare oceanica sia cambiata. Questo potrebbe provocare un grave declino per la vita marina, dagli uccelli fino alle lontre marine e ai salmoni, ai granchi e all’industria ittica da 1 miliardo di dollari che ruota intorno al merluzzo giallo, producendo quei friabili filetti bianchi che finiscono un po’ ovunque, dai panini di pesce del McDonald’s fino ai bastoncini surgelati.
“Nel mare di Bering sono state registrate temperature del tutto fuori scala”, commenta Nate Mantua, ecologo al NOAA Southwest Fisheries Science Center di Santa Cruz, in California. “Non abbiamo mai visto niente del genere, si tratta di un territorio inesplorato. Ci troviamo nel bel mezzo di un periodo storico senza precedenti”.
Negli ultimi anni un’altra porzione di acqua insolitamente calda è arrivata nel golfo dell’Alaska e si è mescolata con le acque calde della California meridionale, trasformando completamente l’oceano lungo le coste. Per mesi gli scienziati al largo delle coste dell’Oregon non hanno quasi più trovato quei copepodi ricchi di grassi che costituiscono le fondamenta della rete trofica. Leoni marini, urie comuni e alche minori di Cassin sono morti a migliaia a causa della mancanza di cibo. Un sacco di cetacei e lontre marine si sono spiaggiati in Alaska. La costa occidentale ha affrontato una delle fioriture algali più durature e tossiche che si siano mai viste.
Eppure le acque sub-artiche del mare di Bering, dopo un intenso periodo di acque ghiacciate e il record dei ghiacci marini nel 2012 e nel 2013, sembravano essere state risparmiate. L’acqua ha iniziato a riscaldarsi più del solito all’inizio del 2014, ma niente di troppo preoccupante. Lo scorso anno avrebbe potuto esserci più ghiaccio se l’acqua calda del golfo dell’Alaska non si fosse riversata nel mare di Bering, attraverso le isole Aleutine, tenendolo sotto controllo.
Ma quest’anno è cambiato tutto. Persino la piscina d’acqua fredda che normalmente si trova sul fondo del mare di Bering ha raggiunto una temperatura di 6°C più alta del normale. “Le massime estive sono state le più alte mai registrate”, racconta Phyllis Stabeno del NOAA Alaska Fisheries Science Center. “Al contrario le minime, le temperature più rigide raggiunte in inverno, sono state più alte rispetto alla maggior parte di quelle degli ultimi anni”.
Nei normali cicli dell’oceano Pacifico, acqua calda si traduce in meno cibo ed è quello che gli scienziati hanno osservato finora, specialmente tra i minuscoli copepodi di cui si nutrono i pesci più piccoli e altri animali. Ma in realtà è ancora peggio di così. “Quando fa caldo solitamente scompare tutto lo zooplankton grosso e ricco di grassi”, dice Stabeno, ma in mare si trova ancora lo zooplankton seppur piccolo e meno nutriente. “Quest’anno non c’era quasi traccia di nessuno dei due”. Lo conferma la collega NOAA Janet Duffy-Anderson, “questo non promette nulla di buono per i pesci, né per gli uccelli o i mammiferi. È lo zooplankton a fornire il cibo per i giovani merluzzi gialli, di cui si nutrono gli uccelli ma anche altri merluzzi adulti e halibut”. Ed è proprio così che si spiegherebbe ciò che è successo ai puffin nelle remote isole Pribilof.
Morte in massa
All’inizio di ottobre Lauren Divine, co-direttrice dell’ufficio per la conservazione degli ecosistemi alla St. Paul's Aleut community, ha ricevuto due pulcinella morti da portare con sé ad Anchorage a scopi di ricerca. Al tempo non ci aveva dato peso, visto che su quest’isola di un centinaio di chilometri quadrati, con a malapena 500 abitanti, a volte capita di rinvenire uccelli morti sulle rive. Ma nel giro di pochi giorni è diventato chiaro che stava succedendo qualcosa.
“Il 17 ottobre abbiamo iniziato a perlustrare le due spiagge principali e in un solo giorno abbiamo trovato 40 uccelli”, racconta Aaron Lestenkof, un volontario. “Da allora si tratta di 20 o 30 esemplari per ogni uscita”. A oggi il totale ammonta a varie centinaia di uccelli, circa 200 volte il numero normale. Poiché Saint Paul e la sua rocciosa isola sorella, Saint George, sono l’unica terraferma della zona, gli scienziati sono sicuri che si tratti solo di una minima parte delle morti effettive.
“In dieci anni di monitoraggio avevamo visto sei pulcinella arrivare morte a riva. In totale”, racconta Julia Parrish, professoressa alla University of Washington e coordinatrice di una rete di monitoraggio degli uccelli sulla costa occidentale. “Ora siamo a quasi 250 in 20 giorni. E queste isole sono dei minuscoli puntini in mezzo a un oceano sconfinato. La popolazione di pulcinella conta solo 6.000 esemplari, e secondo le nostre previsioni questi ultimi avvenimenti ne hanno colpite le metà”.
Secondo Parrish questi uccelli - che si tuffano in profondità per pasteggiare con piccoli pesci pelagici come i merluzzi d’Alaska - non sono malati. Gli scienziati non hanno trovato prove che sostengano l’ipotesi di una patologia, ma i puffin sono in un tale stato di deprivazione di cibo che “sembra che si siano mangiati dall’interno”. Anche senza tener conto delle morie degli uccelli degli ultimi due anni, lungo la costa occidentale e in Alaska, questo fenomeno è abbastanza atipico da rappresentare una preoccupazione di per sé.
Non è la prima volta che questi uccelli si trovano in condizioni precarie. Un anno dopo l’aumento delle temperature del 2012, i pulcinella di mare dell’Atlantico, nel golfo del Maine, hanno attraversato la stagione riproduttiva peggiore della storia. Fino a quella di quest’anno. La riproduzione di pulcinella in Islanda è in crollo da un decennio, ma nel Pacifico gli esemplari adulti ormai arrivano semplicemente a riva già morti. “È chiaro che sta succedendo qualcosa di molto strano”, dice Parrish. “In pratica ogni anno ci troviamo di fronte a qualche evento in cui muoiono in massa. Sembra che i cambiamenti bottom-up causati dall’atmosfera stiano provocando sconvolgimenti enormi negli ecosistemi marini. E i pesci pelagici sui quali si fonda l’intera rete stanno facendone le spese”. Cosa significa per le altre creature degli oceani? “Non lo sappiamo”, risponde Parish. “Il mare di Bering è straordinariamente esteso e ci siamo accorti del problema solo ora”.
Cosa sta provocando il riscaldamento?
Secondo Mantua lo strano fenomeno atmosferico che ha aiutato il “blob caldo” del golfo dell’Alaska a formarsi nel 2013 si è mosso nuovamente alla fine di questa primavera, con un sistema ad alta pressione che si è stabilizzato al di sopra dell’intero Pacifico settentrionale. Questo ha portato a un esteso periodo di temperature calde attraverso l’Alaska, da maggio a settembre. Poi a ottobre lo schema è cambiato di nuovo e l’Alaska è stata colpita da forti tempeste. Ma i venti hanno contribuito a portare nel mare di Bering aria e acqua calde.
“Questi schemi atmosferici sono davvero ampi”, dice Mantua. “Si estendono su gran parte del Pacifico settentrionale e possono originare zone calde o fredde allo stesso tempo. Ma è la persistenza del fenomeno ad aver causato temperature così inusuali negli oceani ed è questo, secondo me, il vero mistero. Continuiamo ad andare da un estremo all’altro. Se per 10 o 12 giorni il pattern rimane lo stesso, a quel punto l’oceano inizierà lentamente ad accumulare calore”.
Gli scienziati stanno ancora cercando di determinare quanto questo cambiamento sia legato al riscaldamento globale. Secondo alcuni lo scioglimento dei ghiacci ha influenzato la corrente a getto, rendendola meno stabile. Altri suggeriscono che queste anomalie siano legate al calore dei tropici, ma che siano solo la versione estrema delle normali fluttuazioni climatiche. Nonostante ciò, per ora, i ricercatori che studiano gli oceani intendono investire più tempo nel cercare di stabilire cosa tutto questo comporterà per il Pacifico settentrionale. In particolare per l’industria ittica dell’Alaska, che fornisce pesce a metà della nazione. “Torneremo là fuori per fare ulteriori indagini, perché siamo decisamente preoccupati”, conclude Duffy-Anderson.
http://www.nationalgeographic.it/natura/animali/2016/11/09/news/pulcinelle_morte_cambiamento_climatico-3303505/
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