Una tigre in gabbia in un allevamento in Vietnam. Fotografia di Mike Ives, Associated Press |
Johannesburg, Sudafrica. Cina nuovamente sotto pressione alla conferenza della CITES, per aver permesso l'allevamento intensivo, l'uccisione e la vendita di parti di tigri, violando gli accordi internazionali. Si stima che il gigante asiatico abbia fra le 5.000 e le 6.000 tigri allevate in strutture in cui gli animali vengono fatti riprodurre per attirare i turisti quando sono vivi, e per rifornire i mercati del lusso e della medicina tradizionale una volta macellati.
La questione è stata sollevata nel corso della 17esima Conferenza internazionale della Convenzione sul commercio delle specie a rischio e della flauna e flora selvatica, la CITES, che regola tutto il settore. Uno dei punti principali sull'agenda del congresso, che raccoglie 182 paesi, è proprio come fermare il mercato asiatico dei grandi felini, mercato che coinvolge la tigre, il leopardo nebuloso (Neofelis nebulosa) e il leopardo delle nevi (Panthera uncia).
Gli allevamenti di tigri esistono anche in Thainlandia e Vietnam, e da tempo si sospetta che nutrano il mercato nero internazionale dei prodotti derivati dai grandi felini. Nei primi giorni della conferenza sudafricana (che si chiude il 5 ottobre) i conservazionisti hanno lodato la decisione annunciata dal Laos di abolire gli allevamenti nel paese.
Le strutture fanno riprodurre le tigri in modo intensivo, e si crede che gli animali vengano macellati per la produzione di "vino di tigre", pseudomedicine, decorazioni di lusso, e altro ancora. Gli allevamenti sono anche sospettati di incentivare il bracconaggio di questi animali, già gravemente minacciati.
"Il commercio di parti delle carcasse e derivati delle tigri tenute in cattività alimenta la richiesta di questi prodotti, che a sua volta incentiva il bracconaggio", spiega Debbie Banks dell'Environmental Investigation Agency, un'ONG con sede a Londra.
Si stima che vi siano fra le 7.000 e le 8.000 tigri in cattività negli allevamenti dell'Asia e del sud-est asiatico, in confronto ai soli 4.000 individui rimasti in natura (e già questa cifra potrebbe essere sovrastimata).
Una proposta approvata il 29 settembre nel corso della conferenza internazionale prevede che tutti i paesi che hanno allevamenti di grandi felini riportino al segretariato (l'organo direttivo) della CITES le misure prese per assicurarsi che gli stessi felini, o parti di essi, non entrino nel mercato illegale. Il segretariato userà questi rapporti per decidere se ispezionare gli allevamenti. Successivamente, il segretariato stilerà a sua volta un rapporto che potrebbe chiedere ad alcuni paesi di prendere misure specifiche per rispettare gli impegni.
Questo requisito potrebbe aiutare, ma "non ci sono buone nuove per le tigri", spiega Kanitha Krishnasamy di TRAFFIC, l'organizzazione che monitora il commercio della fauna selvatica. Krishnasamy è anche autrice di un nuovo report che rivela come il sequestro dei prodotti derivati dalle tigri continui a crescere, così come continua a crescere la percentuale dei prodotti sequestrati derivati da tigri allevate in cattività, che ora sono il 30 per cento, contro il 2 per cento del 2000.
"Si tratta di un riflesso significativo di quanto questi allevamenti aumentino il rischio che i prodotti derivati dalle tigri finiscano nel mercato illegale", spiega. Inoltre, le tigri in natura continuano a essere uccise dai bracconieri e commerciate illegalmente.
Queste teste di tigre confiscate sono state catalogate ed immagazzinate nel Fish and Wildlife Service in Colorado. Fotografia di Kate Brooks, Redux |
Il primo allevamento di tigri è nato in Cina nel 1986 allo scopo di ottenere ossa per la medicina tradizionale. Nei successivi trent'anni gli allevamenti si sono diffusi in tutto il paese e in altre regioni del sud-est asiatico. Alcuni credono che le ossa di tigre polverizzate possano curare reumatismi e artriti. Altri preferiscono il vino di tigre, che ritengono capace di infondere, in chi lo beve, la forza dell'animale.
Al congresso CITES del 2007, i paesi membri avevano già stabilito che le tigri non debbano essere fatte riprodurre allo scopo di vendere parti del loro corpo, e che le nazioni che ospitano allevamenti avrebbero dovuto ridurli per sostenere la conservazione. "Bisogna capire che per salvare le tigri non puoi allevarle in cattività", commenta Banks.
Nonostante questa decisione, diversi resoconti successivi hanno dimostrato che sia il mercato interno sia quello internazionale della tigre e altri grandi felini asiatici si è allargato, invece di ridursi. La Cina fa riprodurre centinaia di tigri ogni anno, e il numero di quelle in cattività supera quello delle tigri in natura nel mondo.
Il problema ha raggiunto il suo apice a giugno, quando le autorità thainlandesi hanno fatto un'incursione nel Tempio della Tigre, una famosa attrazione turistica da tempo sospettata di fornire parti di tigri al mercato nero. Le autorità hanno sequestrato più di cento animali, e hanno fatto una scoperta agghiacciante: i corpi di oltre 40 cuccioli. Un monaco è stato arrestato mentre provava a fuggire con pelli e denti di tigre, e circa mille amuleti contenenti pezzi di pelle dell'animale.
I sostenitori degli allevamenti di tigri hanno spesso affermato che gli allevamenti diminuiscano le pressioni sulla popolazione selvatica, ma questo non sembra proprio il caso.
"Queste strutture esistono da tempo", spiega Krishnasamy. "Se ci fosse una qualsiasi indicazione che gli allevamenti riducano la persecuzione delle tigri in natura, ormai lo avremmo visto. Invece non è così, non c'è nessuna prova che il bracconaggio sia diminuito".
In effetti, le tigri in natura sono così poche che, per sostituirle, sta crescendo il mercato illegale di ossa di leone e leopardo nebuloso.
Le proposte del congresso della CITES di queste settimane potrebbero favorire i grandi felini asiatici. La Cina ha partecipato al gruppo di lavoro (da dove è venuto fuori che il paese aveva falsificato un rapporto che dimostrava il fallimento del controllo del mercato di parti di tigre allevate) che ha definito le nuove regole, ma il delegato cinese ha comunque provato a "far cassare" la misura per l'abolizione degli allevamenti, lamentando che la sua applicazione "si è rivelata problematica negli ultimi dieci anni". Si è arrivati ad una mediazione per cui alla Cina si chiede solo di intensificare l'azione per l'abolizione graduale degli allevamenti e del commercio delle tigri. La Cina ha accettato, ma il rischio è che le misure richieste restino solo sulla carta.
"I componenti della CITES hanno mandato un chiaro messaggio", commenta Banks. "Gli allevamenti e il mercato di parti di tigre sono una minaccia per la conservazione della specie. Quando è troppo è troppo".
di Rachael Bale http://www.nationalgeographic.it/natura/animali/2016/10/15/news/allevamenti_tigri-3255482/
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