Il gene segreto del fagiolo, eroe dei due mondi
Fondamentale per la sicurezza alimentare dell'uomo, il fagiolo ha un'incredibile capacità di adattamento a climi diversi. Una ricerca internazionale punta a scoprire i segreti della sua duttilità
Sono arrivati dalle Americhe circa 500 anni fa e da allora si sono adattati ai climi di diversi Paesi europei. Tanto da diventare la principale fonte di proteine di origine vegetale in tutto il nostro continente. Non si può dire che ai fagioli manchi lo spirito di adattamento. All'origine di tanta versatilità c'è la genetica. A quali geni in particolare vada attribuito il merito, lo sta cercando di capire una ricerca internazionale capitanata dall'Università Politecnica delle Marche (UNIVPM), con sede ad Ancona.
Utilizzando finanziamenti pubblici internazionali del fondo ERA-CAPS il gruppo di Genetica agraria dell’UNIVPM sta lavorando insieme al Max Planck Institut di Potsdam-Golm, l’IPK di Gatersleben, l'università della California-Davis e l'università della Georgia, Athens.
Il progetto BEAN_ADAPT – che è stato presentato il 7 ottobre in parlamento nell’ambito di un incontro sulle leguminose promosso dalla vicepresidente della Camera Marina Sereni - è molto ambizioso: sequenziare il genoma di circa 10.000 varietà locali di fagiolo comune alla ricerca dei geni dell'adattamento all’ambiente. Tra queste diecimila, oltre 500 verranno coltivate in diversi campi tra Italia, Germania e Colombia per ottenere ulteriori informazioni, e un set di circa 200 verrà ulteriormente analizzato con il sequenziamento del DNA, dell’RNA e con lo studio dei metaboliti. I risultati di questo studio, che saranno liberamente accessibili a tutti, consentiranno nei prossimi anni di ottenere nuove varietà di fagioli più resistenti alle malattie, più efficienti nella produzione o in grado di crescere in climi più ostili. Più in generale: piante in grado di affrontare cambiamenti o emergenze che oggi non siamo in grado di prevedere.
Sani e sostenibili
Con ricadute sociali importanti, perché i fagioli sono ancora oggi una risorsa di proteine fondamentale in America Latina e in Africa, aree dove il consumo di carne è un lusso per pochi. Del resto se in Italia i fagioli erano noti per essere “la carne dei poveri” un motivo ci sarà. Come tutte le leguminose sono una risorsa alimentare sostenibile: queste piante, infatti, sono dei fertilizzanti naturali perché fissano nel terreno l'azoto che catturano nell'aria. Ecco perché vengono spesso utilizzate come coltura nelle rotazioni agricole. Ma i fagioli sono anche sani perché ricchi anche di vitamine e fibre: importanti per prevenire malattie cardiovascolari e obesità. Anche per questo la FAO ha scelto il 2016 come anno internazionale delle leguminose da granella.
Il censimento del genoma
Verranno studiate due specie: Phaseolus vulgaris e Phaseolus coccineus. Soprattutto il primo, apparso in Messico come pianta selvatica, è stato addomesticato tra 4 e 8 millenni orsono indipendentemente in Messico e in Sudamerica, dove era arrivato “naturalmente” fra 100 e 500 mila anni fa dal Messico. Da lì è stato portato in Europa dopo il viaggio di Colombo.
Da questa specie di fagiolo derivano centinaia di varietà tra le quali borlotti, cannellini e tante altre, ormai entrate in tante cucine tradizionali delle nostre regioni. Molte di queste verranno analizzate dai ricercatori dell'Ateneo marchigiano. “Sceglieremo circa 10.000 varietà locali di fagioli, coltivati tutt'ora o nel recente passato in diverse aree d'Italia, dell’Europa e delle zone di origine delle Americhe, in modo da rappresentare più condizioni climatiche e possibile – spiega Roberto Papa, professore di genetica agraria all'UNIVPM e coordinatore scientifico del progetto BEAN_ADAPT – ma oltre a studiarne il genotipo le coltiveremo anche in campo per misurarne i caratteri, ad esempio tempo di fioritura, peso del seme e altre caratteristiche della pianta”, ovvero quello che scientificamente definiamo “fenotipo”.
Questo consentirà di confrontare il clima locale con caratteristiche genetiche e fenotipiche di ogni singola pianta di fagiolo. Si capirà, così, in che modo questo americano trapiantato in Europa sia riuscito ad adattarsi così bene all'ambiente Europeo.
Alcune prove in campo sono già partite. È quindi possibile tirare qualche prima parziale conclusione. “Una buona parte dei fagioli americani non fioriscono in Italia, mentre quelli europei fioriscono tutti” continua Papa. Già questo è un segnale di adattamento. Le piante tropicali o subtropicali, infatti, sono abituate ad avere meno ore di luce di quante non ce ne siano in Europa. Questo perché le piante hanno gli strumenti per misurare le ore di buio e determinare, così, quand'è il momento giusto per fiorire. “Ora si tratta di capire quali geni sono responsabili di questi cambiamenti”.
Il genoma non è tutto
Ma il progetto BEAN_ADAPT va oltre il “semplice” sequenziamento del DNA. Per circa 200 piante di fagiolo verranno analizzati anche il trascrittoma (cioè il sequenziamento dell'RNA) e il metaboloma (le componenti metaboliche come glucosio, fruttosio, acidi grassi etc).
Analizzare l'RNA significa poter capire, in ogni momento e in ogni condizione, quali geni della pianta sono accesi e quali spenti. “Più RNA è presente – spiega Papa – più quel gene è attivo e viene espresso. A seconda delle esigenze la pianta ha bisogno di enzimi che sono proteine. Ma le proteine a loro volta non si producono se non con l'attivazione di un gene e la trascrizione di RNA”. Può essere complesso da capire, ma la mappa del trascrittoma e del metaboloma è fondamentale per i ricercatori. “Potremo conoscere non solo il patrimonio genetico, non solo quali geni consentono alla pianta di adattarsi, ma anche come si comporta ogni singolo gene in diverse situazioni climatiche”.
La coda lunga del DNA
Il progetto BEAN_ADAPT andrà avanti per altri due anni ma i ricercatori sperano che i suoi effetti possano durare molto più a lungo. “Alla fine dello studio non solo avremo una vasta collezione di semi (che verranno conservati nella banca del germoplasma del Cnr di Bari ndr) ma di quei semi conosceremo ogni dettaglio. Sarà tutto a disposizione di miglioratori genetici, agricoltori e centri di ricerca” continua Roberto Papa. Una mole di informazioni che servirà a fare miglioramento genetico, cioè ottenere nuove varietà di fagiolo che potrebbero contribuire a sfamare ancora più persone nel mondo o resistere all'arrivo di un parassita che oggi non possiamo prevedere.
Ma aprire al pubblico una banca dati non basta, soprattutto quando si parla di genomica, una materia complessa che richiede competenze specialistiche per essere compresa. Un know-how e risorse che posseggono in pochi. A margine di BEAN_ADAPT c'è posto anche per questo: “Insieme all'International Treaty for plant genetic resources della FAO stiamo studiando un sistema di help-desk che consenta, anche agli attori deboli (piccole aziende sementiere, associazioni di agricoltori) con poche risorse di utilizzare e accedere alla banca dei dati e dei semi per sviluppare nuove varietà e ralizzare la condivisioni dei benefici della ricerca scientifica, conclude il responsabile del progetto. Siamo ancora ai primi passi, ma il futuro dei fagioli si sta scrivendo adesso.”
http://www.nationalgeographic.it/food/2016/10/17/news/il_gene_segreto_del_fagiolo_eroe_dei_due_mondi-3270688/
0 commenti:
Posta un commento