Fotografia fisheyes alex, Your Shot National Geographic |
Che le attività umane abbiano pesantemente influenzato l'ambiente e la sua biodiversità, mettendo a rischio molte specie animali, non è una novità. Così come è già noto che gli umani sono stati, in antichità, responsabili della scomparsa di alcuni grandi animali, come i mammut. Ora, una nuova ricerca rivela che anche in ambiente marino sta avvenendo un processo simile: il rischio di estinzione è più elevato per gli animali più grandi, e molto probabilmente siamo noi la causa di questo processo.
Un report recentemente pubblicato sulla rivista Science, esplora l'associazione tra il rischio di estinzione e alcuni tratti ecologici, come le dimensioni, di due grandi gruppi di animali marini, molluschi e vertebrati, nel corso degli ultimi 500 anni. I risultati sono poi stati confrontati con quelli ottenuti da un'analisi della documentazione fossile risalente fino a 445 milioni di anni fa, il periodo che copre le cinque grandi estinzioni di massa, con particolare attenzione al periodo di 66 milioni di anni fa.
"Dai nostri dati emerge che più grande è l'animale, più rischia l'estinzione", spiega Jonathan Payne, paleobiologo che ha condotto lo studio. "E gli studi sui fossili indicano che questo non avveniva in passato".
Sebbene i ricercatori non abbiano specificatamente indagato le cause di questo meccanismo, lo studio è coerente con ricerche sempre in aumento che indicano l'uomo come principale responsabile.
"I pescatori tendono a prendere prima le prede più grosse, e solo dopo spostano la loro attenzione a quelle più in basso nella catena alimentare, le più piccole", spiega Matthew Knope, coautore dello studio. E un altro autore, Noel Heim, aggiunge: "Quando l'uomo riesce a entrare in un nuovo ecosistema, mira subito agli animali più grandi. Finora, l'ambiente marino non aveva subito la stessa sorte di quello terrestre, che fin dall'antichità ha visto la perdita di grandi animali, come i mammut, per mano dell'uomo. Ma oggi abbiamo la tecnologia che ci permette di allontanarci dalle coste e pescare in profondità su scala industriale".
Questa selettività nell'estinzione potrebbe avere conseguenza gravi sull'intero ecosistema marino: i grandi animali sono generalmente al vertice della catena alimentare, e permettono quindi di contenere le altre popolazioni. Inoltre, i loro movimenti nelle colonne d'acqua e sul fondale marino sono un contributo importante per il ciclo dei nutrienti negli oceani.
Payne spiega che, a breve termine, non possiamo fare molto per contrastare il riscaldamento e l'acidificazione degli oceani, che rappresentano le minacce più gravi. "Ma possiamo cambiare il modo di pescare e i trattati che lo regolano". La buona notizia, e speranza degli autori, è quindi che i dati raccolti possano aiutare a indirizzare le decisioni riguardanti gli oceani. "Possiamo cambiare abbastanza rapidamente questa situazione, scegliendo una corretta gestione del mare sia a livello nazionale sia a livello internazionale".
http://www.nationalgeographic.it/natura/animali/2016/09/16/news/rischio_estinzione_animali_marini_piu_grandi-3238113/
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