Una degustazione di miele nel corso di un'edizione del Salone del Gusto di Torino. Fotografia di Filippo Monteforte/AFP/Getty Images |
Mille tonnellate. Mai negli ultimi 35 anni l'Italia aveva prodotto così poco miele come nel 2016. Il crollo è netto, anche rispetto allo scorso anno: solo per il miele di acacia sono 400 tonnellate in meno. I dati, presentati dal Conapi (Consorzio nazionale apicoltori) parlano di un fenomeno che non si limita alla nostra penisola ma coinvolge anche i Paesi dell'Est Europa, per tradizione grandi produttori di miele.
Paradossalmente il settore apistico non è in crisi, anzi: gli alveari messi a produzione sono addirittura aumentati rispetto al 2015 e il numero di apicoltori è rimasto pressoché invariato. I problemi sono altri e ben più difficili da affrontare.
Se negli ultimi mesi si è affacciata la minaccia del parassita Aethina Tumida che svaligia le arnie, le cause di questo tracollo sono note da anni agli addetti ai lavori: il cambiamento climatico e l'abuso di pesticidi in agricoltura.
Il primo segnale di allarme si è avuto nel 2008. Nel corso di quell'anno, che ha appena passato il testimone al 2016 come “annus horribilis dell'apicoltura”, la questione dei pesticidi neonicotinoidi ha assunto un'importanza critica e centrale.
Come abbiamo spiegato anche su National Geographic (nel recente articolo "Per le api i pesticidi fanno da anticoncezionale") queste sostanze, quando vengono utilizzate nel mais e nei cereali non invernali, attraggono le api e hanno il potere di ridurre la fertilità dei fuchi, cioè dei maschi. Non a caso, durante la conferenza stampa di presentazione dei dati, è stato reso noto che diversi soci Conapi hanno segnalato una preoccupante riduzione della spinta riproduttiva delle api.
In seguito ai pareri pubblicati dall'Efsa, l'autorità per la sicurezza alimentare europea, la Commissione Ue ha già imposto alcune restrizioni all'utilizzo di queste sostanze in agricoltura e un altro giro di vite è previsto entro gennaio 2017. In Italia è attivo da anni BeeNet, un monitoraggio sullo stato di salute delle api italiane.
Restano da valutare, infatti, i danni già prodotti e l'incidenza del cambiamento climatico. Perché i dati sulla produzione sono sconfortanti: “Il solo miele di acacia bio è passato dalle 437 tonnellate prodotte nel 2015 alle 184 di quest’anno – si legge sul comunicato di Conapi - il miele di acacia convenzionale è passato da 266 a 91 tonnellate; il miele di agrumi è sceso da 54 a 35 tonnellate per la produzione bio e da 174 a 148 tonnellate per quella convenzionale”.
Tutto questo si ripercuoterà sui consumatori in diversi modi. Anzitutto con l'aumento dei prezzi, visto che la domanda è rimasta invariata mentre l'offerta è diminuita in modo netto. Un'altra conseguenza – legata alla prima – è il maggior rischio di sofisticazione, cioè l'adulterazione del prodotto per ritardare la cristallizzazione o modificarne il colore o il sapore. “Agli estimatori di miele – ha spiegato il presidente di Conapi Diego Pagani - chiediamo di porre la massima attenzione alla qualità del prodotto acquistato, controllandone con attenzione anche la provenienza e abituandosi tra l’altro a cercare il miele che, nell’annata in corso, è stato più abbondante, come per esempio è avvenuto per il coriandolo nel 2016”.
di Federico Formica
http://www.nationalgeographic.it/food/2016/09/07/news/pesticidi_e_cambiamento_climatico_crolla_la_produzione_di_miele_in_italia-3227183/
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