Due cladofore, le bizzarre colonie di alghe che fino a poco fa popolavano il lago Myvatn, in Islanda. Fotografia Arctic Images, Alamy |
Skutustadir, Islanda. Sul davanzale di una vecchia fattoria bianca che sovrasta le guglie di lava del lago Myvatn, abbandonata in poche dita di acqua verde e torbida dentro un vaso, l'ultima alga a palla islandese se ne sta andando.
Le cladofore, colonie di alghe che formano soffici palle verdi grandi anche quanto un cavolo, sono tra le piante più strane del mondo. Fino a qualche tempo fa questo lago, a volta, rinomato per il suo straordinario paesaggio acquatico e per la ricca fauna, ne era pieno. I giapponesi le chiamano marimo; gli islandesi kuluskitur, un epiteto colorito usato dai pescatori quando se le ritrovano nelle reti.
La forma distintiva dell'alga d'acqua dolce Aegagropila linnaei è incredibilmente rara. Il Myvatn, uno degli habitat di uccelli acquatici più importanti al mondo, ospitava una volta le più grandi colonie di cladofore del mondo. Questo lago nordico aveva tutti i requisiti ambientali necessari: vorticose correnti per spingere le colonie in modo che crescessero verso l'esterno, in forme perfettamente tonde; forti venti per provocare le correnti; un fondale stabile e soprattutto acque pulite e trasparenti.
Ma come tanti altri laghi al mondo, oggi una spessa poltiglia sulla superficie - formata dalla fioritura dei cianobatteri (o alghe verdi-azzurre, potenzialmente tossiche) - sta rendendo sempre più opache le acque del Myvatn. Sotto la coperta di melma, le cladofore non riescono più ad assorbire la luce del sole. Il principale colpevole della fioritura delle alghe è l'inquinamento: fertilizzanti e liquami che le nutrono con azoto e fosforo. Anche il riscaldamento delle acque potrebbe far crescere a dismisura le alghe. Gli scienziati predicono che i cambiamenti climatici renderanno ancora peggiori le fioriture algali.
Dal 2013 non si trovano più cladofore in buona salute, completamente sviluppate. La loro sparizione segnala un collasso dell'ecosistema che mette a rischio una delle più importanti zone di riproduzione del mondo per le anatre.
"All'improvviso era sparito tutto", racconta Arni Einarsson, direttore della Stazione di ricerca del Myvatn, che ha monitorato le cladofore per quasi quarant'anni. Quando, dopo diversi anni in cui le fioriture avevano intorbidito l'acqua, un sommozzatore si è immerso per controllare le colonie, "ne ha trovate solo alcune morte o deteriorate. Decisamente, non erano in salute".
Gli insoliti pseudocrateri vulcanici del lago Myvatn, nel nord dell'Islanda, noto per le alghe sferiche.
Fotografia di Jonas Bendiksen , National Geographic Creative
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Il Myvatn, una delle principali attrazioni turistiche dell'Islanda, sembra essere vittima del suo successo. Secondo Yngvi Ragnar Kristjansson, proprietario di un albergo del luogo, il numero di visitatori è quasi quintuplicato nel corso degli ultimi vent'anni. Gli antiquati sistemi fognari non sono stati in grado di tenere sotto controllo il carico crescente.
Le sfere morbide e d'aspetto simpatico sono diventate praticamente una mascotte per l'Islanda. Solo un altro lago (quello di Akan, sull'isola giapponese di Hokkaido) ha tutte le condizioni necessarie perché le cladofore possano crescere fino a quindici centimetri di diametro. Le notizie sulla morte delle alghe a palla ha scosso profondamente gli islandesi.
"C'è stata una grande protesta pubblica", racconta Einarsson, guardando il lago intorbidito dalla vecchia fattoria ora convertita in laboratorio. "La gente era davvero dispiaciuta".
E nonostante il ritrovamento di una cladofora delle dimensioni di un sassolino in riva al lago, all'inizio dell'estate, abbia suscitato entusiasmo, il biologo spiega che le previsioni a lungo termine restano brutte. "È stata una bella sorpresa, ma non c'è poi molto da emozionarsi. Erano davvero piccole, nemmeno delle vere sfere".
Per Einarsson, la saga delle cladofore del lago Myvatn ha un significato personale. Da giovane, a inizio carriera, è stato il primo a scoprire queste enormi colonie e a portarle all'attenzione internazionale. "Ciò che vidi in quella bella giornata nel 1978, sporgendomi oltre la murata della barca e guardando attraverso il visore, era semplicemente strabiliante", scrive in una nostalgica nota alla fine di un articolo scientifico sulla scomparsa delle cladofore. "Un enorme campo di alghe tonde di colore verde scuro, come se tutte le palle da tennis del mondo si fossero radunate lì per il loro convegno annuale".
All'epoca, nessuno in Islanda sapeva molto di questi strani organismi, che prima di allora non erano mai stati visti in tali quantità. Einarsson caricò sul sito web della stazione di ricerca, ancora primitivo, uno schizzo di una cladofora. Con sua sorpresa, venne contattato da uno scienziato giapponese che aveva dedicato la vita allo studio delle marimo del lago Akan. I due collaborano da allora.
Un canarino fra le anatre
Sebbene le cladofore abbiano in sé poca importanza per l'ambiente naturale, la loro scomparsa fa suonare un allarme per la salute del loro habitat, d'importanza critica. Il lago è conosciuto come "la fabbrica delle anatre", perché la densità di questi uccelli, che si radunano nell'area per l'accoppiamento, è fra le più alte del mondo. Abbondano gli uccelli acquatici di ogni tipo, e una gran varietà di altre specie. E i pesci del lago Myvatn nutrono la regione fin dallo sbarco in Islanda dei primi coloni, nel IX secolo d.C.
La chiave per la produttività del Myvatn è nella ricca popolazione di moscerini, (in islandese, tra l'altro, my significa "moscerino", e vatn "lago"). I moscerini nutrono i pesci e governano il ciclo vitale degli uccelli acquatici. Negli anni migliori, ogni estate emerge dalle acque una tale quantità di moscerini che la loro massa equivale più o meno a quella di dieci balene, spiega Anthony Ives, un ecologo dell'Università del Wisconsin che studia gli insetti. Ma quando la popolazione di moscerini è bassa, pesci e uccelli non si riproducono. "I principali cambiamenti dell'intero ecosistema dipendono dai moscerini", sostiene Ives.
In passato, moscerini e cianobatteri hanno seguito cicli regolari, con naturali alti e bassi. Quando la fioritura in superficie è alta, le piante del fondale che nutrono le larve di moscerino soffocano, e la popolazione dei moscerini tende a essere bassa. Il ciclo si capovolge circa una o due volte ogni dieci anni. Ma negli ultimi tredici anni, Einarsson e i suoi colleghi hanno visto fioriture sempre più intense e durature. Nelle ultime due estati erano così spesse che l'acqua sembrava "una zuppa di verdure", commenta lo studioso. "Con sopra la panna".
Dopo fioriture così spesse e pesanti è molto più difficile che il lago torni trasparente, per cui il ciclo non si è ripristinato come al solito. Negli anni, il disastro è diventato ancora più grave. La scomparsa delle cladofore è il primo segnale di effetti potenzialmente catastrofici sull'intero ecosistema.
"Sono come il canarino nella miniera di carbone", spiega Einarsson, riferendosi agli uccellini che i minatori portavano sotto terra per segnalare la presenza di gas tossici. "Se scompaiono, c'è qualcosa che non va. E loro sono scomparse". Non solo le cladofore, spiega, ma anche la maggior parte del tappeto di alghe alla base della catena alimentare del lago - tutte vittime dell'invadente poltiglia.
Chi abita da molto tempo nella zona racconta che le ultime fioriture di cianobatteri sono peggiori che nel passato. "Sembra pittura verde", racconta Hjordis Finnbogadottir, insegnante alle superiori e naturalista cresciuto vicino al lago. "Quella dell'estate scorsa è la peggiore che abbia visto io, e la peggiore che abbia mai visto mio padre. E lui ha 87 anni".
Le infiltrazioni di liquami nel lago dai sistemi di fognatura degli alberghi è una delle più ovvie fonti di nutrienti per i cianobatteri. Le condutture sotterranee ne depositano una quantità extra nella falda acquifera, e lo strato roccioso del sottosuolo, di lava porosa, non trattiene nulla. I cianobatteri banchettano con gli inquinanti, creando un flusso di schiuma sul lago e soffocando le piante sottostanti.
Dietro uno dei grandi alberghi sulla riva del lago, Einarsson cammina attraverso un campo di ranuncoli. L'odore dei liquami riempie l'aria. Indica una chiazza scura che gorgoglia nel prato, tracimando fino al lago. Esce da una fossa biologica sotterranea che perde.
Poi sta alla natura
Un rapporto redatto da commissione di scienziati, agricoltori e politici locali ha invocato la costruzione di un nuovo impianto di fognatura e il miglioramento alle strutture già esistenti. Il governo islandese sta vagliando la richiesta.
Come per i laghi di tutto il mondo, l'agricoltura, l'allevamento, l'edilizia e altre attività umane contribuiscono al sovraccarico di nutrienti nel Myvatn. La commissione ha raccomandato una regolamentazione più stretta sugli scarichi agricoli e l'utilizzo dei fertilizzanti.
"Spero che abbia qualche effetto", commenta Finnbogadottir, che è membro della commissione. "Ma tutto ciò richiederà molto tempo. Anche cominciando a fare da ora a fare tutto il possibile, vedremo la ripresa forse tra dieci o vent'anni".
Le acque di scolo, comunque, non sono l'unica causa delle pericolose fioriture. I problemi del lago potrebbero essere cominciati con una miniera di farina fossile (il residuo fossile delle diatomee) che operò dagli anni Sessanta fino al 2004. Einarsson e altri credono che il dragaggio del lago per ottenere farina fossile da utilizzare per la filtrazione della birra abbia destabilizzato il fondale, determinando cambiamenti a cascata.
Anche i cicli stagionali possono aver avuto un ruolo. E a tutto ciò si aggiunge l'impatto ancora sconosciuto dei cambiamenti climatici.
Tuttavia, spiegano i leader locali, gli inquinanti derivati dalla comunità sono l'unico fattore su cui possono effettivamente agire. Poi, come dice Kristjansson, proprietario di albergo e presidente del consiglio cittadino: "Il resto sta alla natura".
Di ritorno all'antica fattoria, Einarsson prende il vaso e tira fuori una palla dall'aria miserevole. È sorpreso di scoprire che si è rinsecchita fino a raggiungere le dimensioni di una palla da baseball. Era grande il doppio, racconta, bisognava tenerla con due mani. Non sembra per niente in salute.
http://www.nationalgeographic.it/natura/piante/2016/09/14/news/cladofora_a_rischio-3232537/
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