Così i droni stanno rivoluzionando l'agricoltura
Un drone pronto ad alzarsi in volo in un campo d'ulivi. Fotografia per gentile concessione Agronfly
Rilievi fotografici fatti con termo-camere e obiettivi a infrarossi mostrano le coltivazioni come non le avevamo mai viste. Montati a bordo di droni, questi sensori forniscono dati preziosi per aumentare le rese risparmiando acqua e pesticidi
La chiamano agricoltura di precisione. È fatta di droni, sensori ad altissima precisione, mappe in 3D che mostrano lo stato di salute di un campo da decine di ettari con un margine di errore di pochi centimetri.
Siamo abituati ad associare l'alta tecnologia alle grandi aree urbane. Mentre la tradizione, le vecchie pratiche, appartengono all'agricoltura. La realtà è profondamente diversa, agricoltura e innovazione hanno sempre viaggiato affiancate. Ma in questi ultimi mesi molte associazioni di categoria e aziende agricole italiane sono già arrivate a un livello successivo. Non è più così raro vedere, sulle campagne del nostro Paese, piccoli velivoli sorvolare campi di grano, risaie e vigneti. Non si tratta di qualche fotografo o videomaker alle prese con documentari bucolici: da quelle parti si sta lavorando per migliorare la resa e la qualità dei raccolti, risparmiare acqua e diserbanti, capire se le tecniche utilizzate finora siano efficienti o migliorabili.
Oltre a costare meno i rilievi video-fotografici realizzati da droni sono molto più precisi di quelli satellitari. I dati ottenuti in questo modo possono suggerire di irrigare meglio (o di meno) alcune porzioni di campo; indicare quali piante, in un filare, stanno crescendo meglio; quali hanno bisogno di essere concimate; se è il momento di intervenire contro le erbe infestanti; se il livello dell'acqua in una risaia si è abbassato troppo. E sono solo alcuni esempi.
Di droni si parla e si è parlato molto negli ultimi anni. Droni-spia, droni-meteorologi, droni-postini, droni-archeologi,: gli usi possono essere tanti. Ma di droni-contadini, almeno in Italia, si è detto poco. Eppure, in molti casi, la fase sperimentale è già alle spalle. Pochi giorni fa a Roma, nella conferenza “Droni per l'agricoltura” sono stati presentati i primi risultati di alcune campagne di volo e progetti già in corso in giro per l'Italia. Aziende agricolo e di hi-tech hanno spiegato al pubblico cosa è stato fatto finora e quali sono le potenzialità di un settore in forte crescita.
Cavalli di Troia
I droni, per quanto affascinanti, sono solo un mezzo. Servono per portare in quota i veri artefici dell'agricoltura di precisione: i sensori. Multi-spettrali, laser-scanner, termo-camere in grado di raccogliere dati e informazioni altrimenti impossibili da ricavare. Sensori in grado di “vedere” le piante con altri occhi: quelli infrarossi. “Nella luce infrarossa la vegetazione ha una maggiore riflettività rispetto ad altri oggetti. Questo grazie alla clorofilla, che - rilevata e quantificata tramite foto aeree – fornisce un indice di vigore della vegetazione” spiega Stefano Sgrelli, amministratore di Salt & Lemon, una delle aziende presenti all'incontro.
Radiografie sul campo
Le mappe di vigore sono strumenti fondamentali nell'agricoltura di precisione. Si tratta di foto aeree (navigabili però in 3D) di campi coltivati. A seconda del colore rilevato dai sensori montati sui droni, si riesce a capire quali piante stanno crescendo meglio e quali, invece, sono più indietro. L'obiettivo è quello di avere un raccolto uniforme e della stessa qualità. È stato già fatto con il riso, nel progetto “Origini” di Kellogg's coordinato dall'Ente nazionale risi. Quattro campi, per un'estensione di oltre 50 ettari sono stati fotografati con camere a infrarossi. Le immagini ottenute hanno sorpreso gli stessi agricoltori: campi confinanti presentavano livelli di crescita difformi. In alcuni casi si poteva vedere la “scia” della macchina spandiconcime: le piante più vicine alle linee di passaggio della macchina crescevano meglio.
Dall'analisi si è poi passati all'applicazione pratica. Le piante già sane e forti non sono più state concimate, mentre su quelle più esili è stata irrorata una dose maggiore. Alla fine, tutto il riso raccolto era della stessa qualità. Ed è stato risparmiato il 30% del concime rispetto a quello che sarebbe stato usato “alla cieca”.
L'agricoltura di precisione ha anche le sue ricadute green. Chi può contare su dati precisi non ha bisogno di “sparare nel mucchio”, ma può dosare erbicidi, pesticidi e fertilizzanti e solo dove servono davvero. Per l'azienda agricola è un risparmio di denaro; per l'ambiente un sollievo e per i consumatori tutta salute in più.
Anche il Cnr (il Consiglio nazionale delle ricerche) ha appena presentato il suo drone-contadino. Si chiama Efesto, impiega sensori termici multi-spettrali e iperspettrali e ha una risoluzione a terra di 3 centimetri per pixel. Secondo Alessandro Matese dell'Ibimet-Cnr, uno degli sviluppatori, “utilizzando le mappe prodotte da drone si può arrivare a risparmi d'acqua del 25%.
Poi ci sono i droni che non si limitano a fare da analisti: si sostituiscono al contadino. Sono già stati presentati alcuni modelli in grado di distribuire sementi e fitofarmaci sotto forma di polveri.
Contro le epidemie
Università e istituti di ricerca utilizzano da anni sensori multi-spettrali e a infrarossi per combattere parassiti come il punteruolo rosso, che in Italia ha fatto strage di palme e – più di recente – Xylella Fastidiosa, spauracchio degli olivicoltori salentini.
Se la sfida alla Xylella è ancora tutta da giocare – non è facile riconoscere i sintomi della malattia prima del suo manifestarsi – contro il punteruolo rosso sono stati raggiunti risultati importanti.
Massimiliano Lega, docente di Ingegneria sanitaria ambientale all'università Parthenope di Napoli, ha spiegato come si è riusciti a “stanare” il coleottero prima che cominciasse a danneggiare le palme alla mostra d'Oltremare di Napoli. “Osservate con un sensore a infrarossi, palme apparentemente identiche mostravano una differenza: in quelle infestate dal punteruolo rosso il capitello era più “caldo”. Questo perché il coleottero nidificava e proliferava proprio in quella parte della pianta”.
Le immagini, realizzate da piccoli droni in volo a bassa quota (appena sotto la chioma delle palme) hanno consentito di intervenire in modo mirato e solo sugli alberi che ne avevano bisogno.
di Federico Formica http://www.nationalgeographic.it/
Mondo Tempo Reale
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