Le tre Parche o Moire: Clotho, Lachesis ed Atropos di John Strudwick
In questo nuovo anno, gentili Lettori, vi propongo un brano tratto da "I Pensieri" di Blaise Pascal che molti... molti anni fa mi colpì davvero. Ero ancora alle prime fasi della "ricerca", che poi avrebbe cambiato meravigliosamente la mia vita...
Spero che queste riflessioni dell'autore possano essere utili a coloro che, nella imminenza della grande Trasformazione, ormai in corso, continuano ad indugiare sonnecchiando, senza decidersi per un definitivo e profondo Risveglio spirituale.
"L'Anima umana" di Luis Ricardo Falero |
L'Immortalità dell'Anima
L'immortalità dell'anima è cosa che ci coinvolge così da vicino e che ci riguarda così profondamente, che bisogna proprio aver perduto ogni sensibilità per rimanere nell'indifferenza di saperne qualcosa.
Tutte le nostre azioni e i nostri pensieri devono prendere vie così diverse, a seconda che ci siano da sperare dei beni eterni oppure no, che è impossibile fare un passo con accortezza e con giudizio senza misurarlo con la visione di questo punto che deve essere il nostro fine estremo.
Quindi il nostro primo interesse, così come il nostro primo dovere, dovrebbe essere quello di informarci bene su questo argomento da cui dipende la nostra condotta.
Ed è per questo che, tra quanti non ne sono convinti, faccio un'enorme differenza fra coloro che si affaticano con tutte le loro forze per istruirsi e quelli che vivono senza preoccuparsene e senza pensarci.
Posso avere solo compassione per coloro che gemono sinceramente in questo dubbio, che lo considerano come la peggiore delle sventure e che, non risparmiando nulla per dissolverlo, fanno di questa ricerca la loro principale e più seria occupazione.
Ma, quanto a coloro che trascorrono la vita senza riflettere al suo termine ultimo e che, per il motivo di non trovare in sé stessi i lumi che convincano la loro mente a ciò, trascurano di cercarli altrove, di esaminare a fondo se tale opinione sia riconducibile alla semplice credulità popolare o a quelle ragioni che, sebbene oscure per se stesse, hanno però un fondamento ben solido e incrollabile, io li considero in modo del tutto diverso.
Questa negligenza in una questione che riguarda loro stessi, la loro eternità, il loro tutto, mi irrita molto piuttosto che impietosirmi; mi stupisce e mi spaventa; è qualcosa di terrificante per me. Non parlo così per un pio zelo di devozione spirituale...
Al contrario: intendo dire che è necessario avere questo sentire per un principio di interesse umano e di amor proprio, non basandosi unicamente su quello che vedono le persone meno illuminate.
Non occorre avere un'anima molto elevata per capire che quaggiù non esiste alcuna soddisfazione veritiera e duratura, che tutti i nostri piaceri sono soltanto vanità, i nostri mali innumerevoli, e che la morte infine, minacciosa in ogni momento, ci metterà in pochi anni nell'ineluttabile circostanza di essere per sempre o annientati o infelici.
Non c'è nulla di più reale e terribile di questo. Facciamo gli spavaldi finché vogliamo: ecco la fine riservata alla più bella vita del mondo.
Ci si rifletta un poco sopra e poi si deduca se non è indubitabile che vi sia un altro bene in questa vita al di fuori della speranza in un'altra esistenza migliore e che si sarà felici se non in misura dell'avvicinamento ad essa.
Gustave Doré |
Come non ci sarà più infelicità per coloro che avranno ottenuto una piena sicurezzanella continuità della vita, così non esisterà alcun conforto per coloro che non ne hanno la minima idea.
È dunque certamente un gran male trovarsi in questo dubbio, ma si impone almeno il dovere indispensabile di cercare, quando si è in tale situazione. Perciò colui che dubita, e non cerca, è nello stesso tempo assai infelice ed ingiusto.
E se rimanesse tranquillo e soddisfatto per questo, sino a dichiararlo apertamente e mostrando pure gioia e vanità, allora non trovo termini adatti per una così bizzarra creatura.
Come si possono nutrire certi sentimenti? Che motivo di gioia se ne trae dall'aspettarsi solo miserie senza scampo? Quale senso di vanità si può avere nel trovarsi in oscurità impenetrabili? E come è possibile una simile logica in un uomo ragionevole?:
«Non so chi mi abbia messo al mondo, né che cos'è il mondo, né chi sono io; mi trovo in un'ignoranza terribile di tutte le cose; ignoro cosa siano il mio corpo, i sensi, l'anima e questa parte di me che pensa quel che dico, riflette su tutto e su se stessa e non si conosce per niente.
Vedo quegli spaventevoli spazi dell'Universo che mi rinserrano, e mi trovo segregato in un angolo di questa vasta distesa, senza sapere perché mi trovo qui invece che in un altro luogo; né perché il poco tempo che mi è dato di vivere lo trascorro adesso, piuttosto che in un altro momento di tutta l'eternità che mi ha preceduto e che mi seguirà.
Vedo soltanto aspetti dell'Infinito, ovunque, che mi inghiottono come un atomo, simile ad un'ombra che dura un istante e non ritorna. Tutto quello che so è che devo presto morire; ma quello che ignoro di più è questa morte stessa che non potrei evitare.
Come non conosco da dove vengo, neppure so dove vado; so soltanto che, uscendo da questo mondo, piomberò per sempre o nel nulla o nelle mani di un Dio irritato, senza sapere quale di queste due condizioni mi toccherà in eterno.
Ecco il mio stato, pieno di miseria, di debolezza e di oscurità. E da tutto ciò concludo che devo dunque passare tutti i giorni della mia vita non considerando quello che mi deve accadere, seguendo soltanto le mie inclinazioni senza pensieri, né inquietudine.
Forse potrei trovare un po' di chiarezza ai miei dubbi; ma non ho alcuna voglia di interessarmene, né fare un passo per cercarla, anzi... tratterò con sarcasmo e disprezzo coloro che si adopreranno per saperne di più.
Voglio andare senza previdenza e senza timore verso un così grande evento, lasciandomi passivamente condurre verso la morte mantenendo l'incertezza nella mia condizione futura.»
Chi vorrebbe avere per amico uno che parlasse in questo modo? Chi lo sceglierebbe tra tanti per comunicargli i propri segreti? Chi ricorrerebbe a lui nelle afflizioni? Ed infine, a quale uso della vita lo si potrebbe destinare?
A dire il vero, è un onore per la religione avere come nemici uomini così irragionevoli; e la loro opposizione è così poco pericolosa che essa se ne serve addirittura per confermare le sue verità.
Perché la fede cristiana non mira quasi ad altro che a stabilire queste due cose: la corruzione della natura umana e la redenzione offerta da Gesù Cristo.
Orbene, se costoro non servono a mostrare la Verità della redenzione con la santità dei loro costumi, risultano meravigliosamente utili, almeno, a mostrare la corruzione della natura con i propri sentimenti così scriteriati.
"Il traghettamento di Caronte" di Alexander Litovchenko |
Niente è così importante per l'essere umano quanto il suo stato; nulla è così temibile quanto la sua sorte. E quindi, non è affatto normale che si trovino degli uomini indifferenti al loro futuro e al pericolo di un'infinità di miserie.
Essi però si comportano ben diversamente nei riguardi di altre situazioni: hanno timore perfino delle cose più insignificanti, le prevedono, le sentono...
E il medesimo uomo che passa tanti giorni e tante notti nella rabbia e nella disperazione per la perdita di un posto di lavoro o per qualche offesa immaginaria al proprio onore, è lo stesso che sa di perdere tutto con la morte, e vi pensa tuttavia senza preoccuparsene, senza agitarsi... né avendo alcuna minima emozione.
Questo profondo disinteresse alle cose più essenziali, in un cuore sensibile nello stesso tempo a tutte le altre di minore importanza, è mostruoso... è un incantesimo insondabile, un assopimento innaturale... indizio di una forza potente che lo produce.
Ci deve essere uno strano sovvertimento nella natura umana per compiacersi di essere in questo stato, in cui pare incredibile che si possa trovare anche una sola persona.
Nondimeno, l'esperienza ce ne fa scorgere un così gran numero che il fatto sarebbe sorprendente se non sapessimo che la maggior parte di loro si comporta così per non sfigurare e lo fa solamente per imitare gli altri.
Lascino dunque costoro tali comportamenti a quelli che sono molto più induriti per esserne capaci e siano almeno onesti con sé stessi, riconoscendo infine che esistono soltanto due categorie di persone che possono dirsi ragionevoli:
‒ quelle che servono Dio con tutto il cuore perché Lo conoscono e quelle che lo cercano con tutto il cuore perché Non Lo conoscono.
Relazione, adattamento e cura: Sebirblu.blogspot.it
Tratto dal libro: "I Pensieri" di Blaise Pascal
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