Nonostante la scelta vegana sia in costante aumento, prendersela con chi decide di non utilizzare più prodotti di origine animale, sembra essere lecito e incoraggiato dalla cultura della violenza e dell’indifferenza nella quale siamo immersi.
“Chi sceglie di non uccidere per vivere, probabilmente ha qualche rotella fuori posto!” si mormora da più parti.
E, come minimo, deve mostrare un certificato medico che autorizzi a non cibarsi della morte di nessuno!
Altrimenti è additato come un appestato e accusato di fanatismo, ossessione e rigidità, ma soprattutto: mancanza di rispetto, nei confronti di chi, invece, preferisce infliggere torture e sofferenza per soddisfare i piaceri del palato
La scelta giusta è ancora quella dell’uccisione e della prepotenza.
La non violenza è guardata con sospetto, suscita insofferenza, irritazione e colpevolizzazione.
Il codice “Mors tua vita mea” è diventato un dogma, nella cultura dello sfruttamento e dell’opportunismo.
Il mondo appartiene ai furbi.
E i furbi, si sa, si fanno pochi scrupoli.
Così, chi ha un cuore deve nasconderlo, per non venir emarginato e deriso.
Voci autorevoli hanno dimostrato che oltre ad essere una pratica crudele, mangiare carne fa male alla salute e sta creando danni gravissimi all’ecosistema.
Ma chi gestisce l’industria della morte (carne, armi, prostituzione, pedofilia…) ha tutto l’interesse a soffocare queste informazioni, sponsorizzando l’indifferenza e l’ignoranza, per incrementare i propri lucrosi guadagni.
Per questo, le battute sul fanatismo vegano occhieggiano qua e là, sostenendo, con bonaria ironia, il massacro di tante creature innocenti.
Scorgere la violenza nascosta dietro ai riti alimentari, presuppone capacità d’immedesimazione, e un’empatia che il mondo consumista demonizza.
Si preferisce osannare la superiorità dell’uomo e, in nome del diritto del più forte, continuare a uccidere con indifferenza. Per consuetudine, conformismo e ignoranza.
Ma il diritto del più forte abilita la disonestà e la prepotenza.
Non solo sugli animali.
Su chiunque possa essere usato per soddisfare gli interessi di chi comanda.
C’è un nesso che lega l’alimentazione carnea al razzismo, al bullismo, al femminicidio, alla pedofilia, allo schiavismo, alla prostituzione… e a tutto ciò che fa della prepotenza e dell’abuso uno stile di vita.
L’indifferenza, con cui sacrifichiamo tante vite, giustifica le guerre, l’emarginazione e lo sfruttamento, e perpetua quella cultura della violenza che miete vittime ovunque, in nome del guadagno.
Ma tutto questo, naturalmente, non bisogna farlo sapere in giro!
Si corre il rischio di veder calare le vendite, mandando in crisi la supremazia dei pochi eletti che gestiscono il mondo.
Per far girare l’economia, è obbligatorio nascondere i soprusi e ottundere le coscienze, drogandole con cibi insaporiti e poco salutari.
La carne dà dipendenza e provoca una sorta di eccitazione che ne mantiene alta la desiderabilità, perché sembra alleviare la fatica della vita quotidiana.
Come tutte le droghe, la sua tossicità anestetizza la mente e incrementa l’assuefazione.
In un circolo vizioso senza fine.
Ribellarsi all’uccisione degli animali, presuppone una volontà capace di resistere alle sollecitazioni alimentari e alle aggressioni di chi si infastidisce di fronte a quelle scelte che mettono in crisi la coscienza, perché denunciano la crudeltà.
Uccidere è sempre una violenza.
E in un mondo evoluto va evitato.
La norma “Mors tua vita mea” appartiene a un codice ingiusto.
Che tutti quanti subiamo con dolore, in tante sfere della nostra vita. Purtroppo.
Trasformare i presupposti violenti che stanno distruggendo il mondo, significa smettere di credere alla legge del più forte, e cominciare a leggere oltre le apparenze, scovando la verità nascosta dietro alla superiorità con cui l’essere umano guarda gli animali.
Ci vuole molto coraggio per sfidare da soli i presupposti di un mondo ingiusto e prepotente.
Eppure… soltanto così può nascere una società migliore.
Uccidere non è mai lecito.
Meno che mai quando serve soltanto a soddisfare un capriccio del palato.
Per comprendere questo verità non ci vuole una grande intelligenza.
E chi deride i vegani lo sa benissimo.
Anche se preferisce mettersi in pace la coscienza, pagando il pizzo, a quell’élite che gestisce le sorti del pianeta, e guardando con commiserazione chiunque scelga di camminare controcorrente.
Non si può essere liberi annegando le responsabilità grazie alle tante droghe legali chiamate impropriamente alimentazione.
L’indipendenza passa attraverso l’ascolto e la conquista della propria sensibilità.
Nasce dalla capacità di superare l’egocentrismo per costruire una più profonda reciprocità.
Ogni creatura ha diritto alla vita.
La legge del più forte afferma l’ingiustizia e costruisce un mondo di crudeltà.
Scegliere di pensare con la propria testa porta a denunciare le false verità di una società basata sulla violenza e sullo sfruttamento di tante vite innocenti, colpevoli soltanto di un’eccessiva addomesticabilità.
E’ una via solitaria.
Adatta a chi è capace di trovare in se stesso l’approvazione e il riconoscimento, senza cercare il consenso del mondo.
La libertà si raggiunge quando si diventa capaci di seguire soltanto la propria coscienza.
Carla Sale Musio
fonte: carlasalemusio.blog.tiscali.it
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