Mai epoca della storia è stata più sorvegliata di quella delle democrazie liberaldemocratiche. Mai cittadino è stato più oggetto della osservazione occulta di quella vissuta dopo la sconfitta delle dittature del Novecento. E’ un dato di fatto, non una opinione.
Il problema non si pone soltanto sul fronte della sicurezza (un po’ meno libertà individuale per una maggiore sicurezza generale: il che potrebbe anche essere spiegabile se non proprio giustificabile), ma soprattutto sul piano della vita comune, di ogni giorno.
Le dittature del Novecento sono state definite antidemocratiche per il voler controllare ossessivamente il singolo cittadino, indipendentemente dal suo essere un criminale o un oppositore di fatto o in potenza. Vengono condannate per questo, per aver limitato la libertà e i diritti fondamentali individuali.
Oggi, se si giunge a tanto è per il bene dei cittadini stessi, per proteggerli dal terrorismo e dalla criminalità violenta, da altri reati efferati, non per prevenire o reprimere il dissenso politico.
Ma le cose non stanno ormai più così. Il controllo e l’intrusione nelle vite private della gente comune ormai lo si effettua quotidianamente, e neanche da parte di apparati statali, segreti o meno, ma per il semplice fatto che questa gente comune usa ormai regolarmente strumenti che la tecnoscienza ha messo a sua disposizione da un bel pezzo e a cui tutti sono abituati. La posta elettronica, le telefonate cellulari ad esempio sono controllate senza dover ricorrere al supersistema USA Echelon.
Ci si può individuare per ogni dove, basta ricorrere alla mappatura satellitare. L’uso di carte magnetiche in autostrada, in banca, al supermercato, in albergo, in qualsiasi negozio lascia una traccia di quel che abbiamo fatto. Visitare siti internet, blog, gruppi di chat imprime nella Rete la nostra impronta telematica quasi indelebilmente. I nostri dati, volenti o nolenti, passando di mano in mano senza che lo si sappia, vengono accumulati per ricostruire il nostro profilo umano, ideologico, commerciale (seguono nell’ordine foto e immagini di McLuhan, Bentham e Orwell).
Tutto ciò non lo mette in atto una qualsiasi polizia segreta di una bieca dittatura del passato, ma una serie di gruppi sociali, commerciali, politici, anche singole e oscure persone mosse sia dalla pura e semplice curiosità sia da peggiori intenzioni. La tecnologia informatica, e la diffusione capillare di essa a portata di mano di chiunque, ha trasformato il pianeta non solo nel villaggio globale di cui parlava McLuhan, ma addirittura nel “grande cortile” di un condominio planetario e pettegolo in cui tutti possono, volendo, sapere tutto di tutti. Un esito che sicuramente gli ideatori dei satelliti di telecomunicazioni, della Rete, del telefonino mai avrebbero immaginato.
Vi aveva pensato invece, come spesso accade, la narrativa dell’immaginario, anche senza arrivare alla descrizione dei sofisticati marchingegni di oggi. L’ossessione della sorveglianza totale e diuturna era venuta in mente, pensate un po’, ad un filosofo liberale inglese come Jeremy Bentham (1748-1832) che ideò un carcere modello chiamandolo Panopticon, dove un unico guardiano poteva controllare un intero complesso circolare di celle (il saggio con questo titolo è stato tradotto molti anni fa da Marsilio). Uno che controlla molti.
Vi aveva pensato invece, come spesso accade, la narrativa dell’immaginario, anche senza arrivare alla descrizione dei sofisticati marchingegni di oggi. L’ossessione della sorveglianza totale e diuturna era venuta in mente, pensate un po’, ad un filosofo liberale inglese come Jeremy Bentham (1748-1832) che ideò un carcere modello chiamandolo Panopticon, dove un unico guardiano poteva controllare un intero complesso circolare di celle (il saggio con questo titolo è stato tradotto molti anni fa da Marsilio). Uno che controlla molti.
Così come un secolo e più dopo un altro inglese, George Orwell, ne aveva immaginato uno sviluppo tecnologico nel suo mai troppo ricordato 1984 (1949): qui c’è il beneamato dittatore di Oceania, il Big Brother, che ormai traduciamo tutti Grande Fratello ma che si dovrebbe più esattamente intendere come il Fratello Grande, il fratello maggiore di età, quello che ci sorveglia e ci protegge e in cui noi confidiamo. Grande Fratello che controlla tutti attraverso milioni di telecamere installate dappertutto, anche nei singoli appartamenti. Anche qui uno – anonimo, perché nessuno conosce il suo vero volto – controlla tutti.
Ma l’invasione del privato, la violazione della riservatezza, – questo ipocrita tabù del nostro tempo, tanto invocato quanto violato – non è ormai solo “politica”. La fantascienza più critica e avveduta ha da sempre messo in guardia nei confronti della pubblicità pervasiva: nell’America degli anni Cinquanta, che subiva il primo massiccio attacco della pubblicità mediatica e si parlava per la prima volta dei persuasori occulti, uscirono opere significative che purtroppo oggi non si ristampano più per rimarcarne la preveggenza: da I mercanti dello spazio di Pohl e Kornbluth (1953) le cui eco si riverberano sino al film Blade Runner di Ridley Scott (1982), a Il verde millennio di Fritz Leiber (1953) con le pareti delle abitazioni che fungono da schermi pubblicitari. Meriterebbe una ristampa anche Simulacron 3 di Daniel Galouye che cinquant’anni fa (il romanzo è del 1964) immaginava una società fasulla creata dal computer per simulare ricerche di mercato: una anticipazione del Truman Shaw e di Second Life.
L’assurdo della situazione attuale è che quanto una volta era considerato antidemocratico (la violazione della riservatezza personale, della intimità di ognuno) messo in opera da bieche dittature, è oggi un sistema diffuso a tutti i livelli, accettato implicitamente o che non suscita l’allarme sociale che dovrebbe, ed al quale è impossibile opporre rimedio, a meno di non rinunciare a quasi tutto quanto lo sviluppo tecnologico ha messo a nostra disposizione ormai da parecchi anni: computer, internet, telefonini, carte di credito e compagnia bella.
Non usare tutto ciò significherebbe diventare praticamente invisibili alla società informatizzata, ma significherebbe anche, sotto alcuni aspetti, essere impossibilitati a vivere una vita considerata oggi “normale”, ad avere un certo tipo di relazioni sociali, professionali e commerciali.
E’ l’era del Sinopticon, come l’ha definita David Lyon, dove molti controllano molti… quasi quasi tutti sorvegliano tutti.
https://iltredicesimocavaliere.wordpress.com/2015/09/08/dal-panopticon-al-sinopticon/
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