Lo ripeteremo fino alla nausea, a costo di sembrare in preda ad un delirio monotematico, ma un problema come quello delle attuali “migrazioni” verso l’Europa non può essere affrontato sull’onda dell’emotività.
Non è possibile, e soprattutto non è produttivo e risolutivo, ammesso che si voglia trovare una “soluzione” diversa dalla litania della “accoglienza” indiscriminata.
E non è questione di “insensibilità”, perché se tutto si giocasse come in una gara a chi ha il cuore più tenero, sai quante occasioni i cosiddetti “governanti” hanno già avuto per dimostrarlo?
Il governo britannico, quello che in giro per il mondo ne ha combinate più di tutti i “totalitarismi” messi insieme, fa sapere quanto è “addolorato” per il piccolo curdo siriano riverso esanime su una spiaggia. E ha dichiarato che dopo questa foto – che solo dopo vari “scrupoli di coscienza” si è deciso di diffondere… – bisogna rivedere sia la propria posizione che le regole del “diritto di asilo europeo”.
Che campioni di sensibilità! Che anime candide!
Stiamo parlando – tante volte qualcuno non l’avesse chiaro – degli stessi che, avendo per le mani le foto dei bambini palestinesi o iracheni spappolati dalle bombe dei sionisti o dei “liberatori” anglo-americani, non solo non hanno mai versato mezza lacrima, ma le hanno sistematicamente occultate ai tele-sudditi occidentali.
Ne so qualcosa per diretta esperienza, avendo gestito per alcuni anni un sito che si chiamava Aljazira.it (oggi cessato e che non aveva alcun nesso con la celebre Aljazeera).
Bene, il 20 marzo del 2003, l’America e la sua muta di cani assetati di sangue sferra l’attacco decisivo all’Iraq. È l’apocalisse. Solo i siti in lingua araba (tra i quali quello della stessa Ajazeera) e qualche altro in inglese pubblicano foto raccapriccianti, dove si vedono addirittura non solo i cadaveri sbrindellati col cervello spappolato o abbrustoliti, ma anche gente di tutte le età, bambini compresi, vivi ma mutilati orrendamente, ancora sanguinanti e con le ossa scoperte, oppure immobili senza braccia e gambe in un letto d’ospedale. Ospedali nei quali mancava quasi tutto e che rischiavano da un momento all’altro di diventare l’ennesimo bersaglio delle cosiddette “bombe intelligenti”.
Per giorni e giorni, schifati dalla censura che gravava specialmente sul pubblico italiano, che non essendo molto aduso a sbirciare su siti stranieri pensava davvero che quelle bombe colpissero solo “chirurgicamente”, ci sobbarcammo non so quante ore di lavoro “per la gloria” all’unico scopo di mostrare anche ai nostri connazionali cosa stava veramente accadendo a quella povera gente laggiù.
Raggiungemmo picchi di visite talmente alti che il server spesso andò fuori uso. Nel frattempo, sui media “ufficiali”, pareva di vedere un’altra storia, con le corrispondenti “embedded” che poi avrebbero fatto delle folgoranti carriere.
Tutto “pulito”: il primo carro armato americano a Baghdad, la statua del “tiranno” tirata giù dal “popolo” (una sceneggiata peggiore di quella dei capi di stato che marciano per Charlie Hebdo)… ci mancavano solo le “segnorine” e poi sembrava di assistere al remakedella nostra “Liberazione”.
Il pubblico dei telegiornali e dei “giornaloni” da rassegna stampa, troppo “sensibile” ed “impressionabile”, non dev’essere scosso con immagini troppo “forti”.
Ecco perché non ha mai visto un bambino palestinese spappolato sulla spiaggia o nel salottino di casa sua, assieme ai suoi pupazzetti di peluche.
Anche in questo caso il materiale cinefotografico abbonda nei siti di tutto il mondo arabo e non solo, ma per incanto, applicando una censura a “fin di bene”, per proteggere la nostra “sensibilità”, nessun fruitore italiano di notizie fabbricate dai grandi media ha mai visto la galleria dell’orrore prodotta dalla premiata ditta “Israele”.
Che ovviamente “reagisce” alle “provocazioni”, è “l’unica democrazia del Medio Oriente” e, per un riflesso condizionato ormai inscritto nel dna degli occidentali, ha un indiscutibile “diritto di esistere” sulla base delle “tragedie sofferte dal popolo ebraico”.
Insomma, tutt’al più Lorsignori “esagerano”, ma alla fine dovranno pur “difendersi”, no? E anche la fine di una “dittatura” val bene qualche centinaia di migliaia di vittime…
Ma la consegna è sempre quella: non far vedere nulla. Ammazzare alla chetichella, vigliaccamente, senza il coraggio di mostrare l’orrore causato mentre ci si riempie la bocca di belle parole.
E non contenti di quest’azione di offuscamento della realtà, gli stessi farabutti, quando si rendono conto che anche solo su internet in troppi hanno osato “sbirciare” dove non avrebbero dovuto, cominciano ad insinuare, in una sorta di ‘revisionismo preventivo’, che quella tal foto era di due anni prima scattata altrove; che il tal soccorritore altro non sarebbe che una “comparsa” del nemico; che quella tal famiglia è stata in realtà trucidata dal “fuoco amico” o persino per “rappresaglia” interna.
E vada pure così, perché è risaputo che “in guerra, la prima vittima è la verità”.
Che cosa resta allora da gettare in pasto ad un pubblico di gente disabituata non solo a ragionare, ma anche solo a cercarla, la verità?
Foto in grado di scatenare degli stati d’animo collettivi, da dirigere a comando verso lo scopo prefissato e tenacemente perseguito, ad ogni costo. Immagini “scioccanti”, perché sanno bene che il loro pubblico sa solo “emozionarsi”, senza la pretesa di “capire” alcunché.
E così danno mostra di essere altrettanto “sensibili”, per far credere di provare le stesse “emozioni” della gente comune, ingenua e disinformata, ma certamente ancora con un po’ di cuore a differenza di chi, censurando o mostrando, a seconda della convenienza, le foto di bambini straziati, dimostra ancora una volta di che pasta è fatto e di che cosa ci sta preparando sfruttando senza vergogna i buoni sentimenti della gente.
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