SPESSO QUANDO SI CONFEZIONANO MESSAGGI PUBBLICITARI IN CUI SI POSSONO USARE LE CARATTERISTICHE SOSTENIBILI DEI PRODOTTI COME PUNTO DI FORZA SI TENDE AD ESAGERARE. E’ vero che esagerare è proprio l’anima della pubblicità, ma il limite esiste: i messaggi non devono essere ingannevoli e fuorviare il consumatore con dati non reali. E’ vero che esagerare è proprio l’anima della pubblicità, ma il limite esiste: i messaggi non devono essere ingannevoli e fuorviare il consumatore con dati non reali. Ecco quali sono i cinque spot che sono stati bacchettati dalle autorità:
1. Activia e il presunto addio al cartone
Nel 2010-2011, in un messaggoio pubblicitario di Activia, si induceva il consumatore a pensare ad un’eliminazione totale del cartone dalle confezioni. In realtà si trattava non di tutta la gamma di yogurt Activia, in più il riferimento era solo al packaging primario della confezione da 4 vasetti. A segnalare allo IAP la questione era stata Assografici, che rilevava le caratteristiche di pubblicità ingannevole in segnalazioni e claim quali “Activia si libera dal cartone” o “La nuova confezione di Activia è senza cartone, così ogni anno si risparmiano 800 tonnellate di carta”, o ancora “La natura vuole parlarci. Ascoltiamola. Activia l’ha fatto e ha tolto il cartone”. Si lamentava anche l’aver screditato la filiera della carta, bollata come di fatto inquinante in sé, mentre l’azienda nemmeno eliminava in realtà il cartone ad esempio durante le fasi di trasporto. Lo IAP non ha accettato quest’ultima istanza, ma ha identificato i messaggi come parzialmente ingannevoli, visto che non specificano a quale parte della produzione il pregio ambientale decantato si riferisca.
Nel 2010-2011, in un messaggoio pubblicitario di Activia, si induceva il consumatore a pensare ad un’eliminazione totale del cartone dalle confezioni. In realtà si trattava non di tutta la gamma di yogurt Activia, in più il riferimento era solo al packaging primario della confezione da 4 vasetti. A segnalare allo IAP la questione era stata Assografici, che rilevava le caratteristiche di pubblicità ingannevole in segnalazioni e claim quali “Activia si libera dal cartone” o “La nuova confezione di Activia è senza cartone, così ogni anno si risparmiano 800 tonnellate di carta”, o ancora “La natura vuole parlarci. Ascoltiamola. Activia l’ha fatto e ha tolto il cartone”. Si lamentava anche l’aver screditato la filiera della carta, bollata come di fatto inquinante in sé, mentre l’azienda nemmeno eliminava in realtà il cartone ad esempio durante le fasi di trasporto. Lo IAP non ha accettato quest’ultima istanza, ma ha identificato i messaggi come parzialmente ingannevoli, visto che non specificano a quale parte della produzione il pregio ambientale decantato si riferisca.
2. Sant’Anna di Vinadio, la non bio-bottiglia
Nel 2013 è la Fonti di Vinadio – che produce l’acqua Sant’Anna – a dover pagare una multa all’Antitrust per l’enfasi eccessiva e la scorrettezza di alcuni dati sulla sostenibilità delle bottiglie BioBottle in polimeri naturali. “L’uso delle risorse sostenibili e la produzione eco-sostenibile combattono l’effetto serra, 650 milioni di bottiglie Sant’Anna Bio Bottle permettono un risparmio di 176.800 barili di petrolio con cui riscaldare per un mese una città di 520.000 abitanti e riducono le emissioni di CO2 pari a un’auto che compia il giro del mondo per 30.082 volte in un anno”, si leggeva ad esempio sulle etichette. Ma questi messaggi falsano il comportamento d’acquisto e, inoltre, si tratta di un riferimento alla produzione annuale, mentre solo lo 0,2% circa dell’acqua dell’azienda veniva confezionata con le nove bottiglie. Sostenibilità marginale, insomma. E in più quei dati si riferivano anche a prestazioni ambientali positive derivanti dalla compensazione delle emissioni nocive.
Nel 2013 è la Fonti di Vinadio – che produce l’acqua Sant’Anna – a dover pagare una multa all’Antitrust per l’enfasi eccessiva e la scorrettezza di alcuni dati sulla sostenibilità delle bottiglie BioBottle in polimeri naturali. “L’uso delle risorse sostenibili e la produzione eco-sostenibile combattono l’effetto serra, 650 milioni di bottiglie Sant’Anna Bio Bottle permettono un risparmio di 176.800 barili di petrolio con cui riscaldare per un mese una città di 520.000 abitanti e riducono le emissioni di CO2 pari a un’auto che compia il giro del mondo per 30.082 volte in un anno”, si leggeva ad esempio sulle etichette. Ma questi messaggi falsano il comportamento d’acquisto e, inoltre, si tratta di un riferimento alla produzione annuale, mentre solo lo 0,2% circa dell’acqua dell’azienda veniva confezionata con le nove bottiglie. Sostenibilità marginale, insomma. E in più quei dati si riferivano anche a prestazioni ambientali positive derivanti dalla compensazione delle emissioni nocive.
3. Patatine, davvero artigianali e light?
Qualche mese fa San Carlo, Amica chips, Pata e Ica Foods vengono costrette a pagare una multa dall’Antitrust per aver suggerito attraverso immagini e testi caratteristiche nutrizionali o salutistiche non corrette o informazioni su ingredienti e modalità di trasformazione o cottura che conferivano al prodotto elementi di artigianalità. Ad esempio, i prodotti light venivano presentati come salutari e a basso contenuto di grassi, ma un regolamento comunitario fissa che la riduzione debba essere almeno del 30% per poter utilizzare il termine “light”. In secondo luogo, si tratta di prodotti industriali che si presentavano come artigianali. Emblematico il caso del claim di Amica Chips “La patatina artigianale”.
Qualche mese fa San Carlo, Amica chips, Pata e Ica Foods vengono costrette a pagare una multa dall’Antitrust per aver suggerito attraverso immagini e testi caratteristiche nutrizionali o salutistiche non corrette o informazioni su ingredienti e modalità di trasformazione o cottura che conferivano al prodotto elementi di artigianalità. Ad esempio, i prodotti light venivano presentati come salutari e a basso contenuto di grassi, ma un regolamento comunitario fissa che la riduzione debba essere almeno del 30% per poter utilizzare il termine “light”. In secondo luogo, si tratta di prodotti industriali che si presentavano come artigianali. Emblematico il caso del claim di Amica Chips “La patatina artigianale”.
4. Pasta che (non) aiuta a perdere peso
La Dolce Vita di Inuvance Healthcare ha utilizzato messaggi ingannevoli secondo lo IAP, che si è pronunciato recentemente. “Problemi di giro vita? Riducilo con pasta Dolce Vita” era il claim utilizzato per messaggi a stampa e spot tv. Ma la pasta non aiuta a perdere peso, il chitosano che contiene aiuta ad assorbire i grassi ma non può essere presentato come un elemento “magico” che permette il dimagrimento. Da qui, la decisione di ritenere il messaggio ingannevole, anche considerando la tipologia di destinatario.
La Dolce Vita di Inuvance Healthcare ha utilizzato messaggi ingannevoli secondo lo IAP, che si è pronunciato recentemente. “Problemi di giro vita? Riducilo con pasta Dolce Vita” era il claim utilizzato per messaggi a stampa e spot tv. Ma la pasta non aiuta a perdere peso, il chitosano che contiene aiuta ad assorbire i grassi ma non può essere presentato come un elemento “magico” che permette il dimagrimento. Da qui, la decisione di ritenere il messaggio ingannevole, anche considerando la tipologia di destinatario.
5. Carne, ‘piacere senza rischi’?
L’Autorità Garante della concorrenza e del mercato ha ritenuto ingannevole anche il claim di Federcarni e Confcommercio “Sì alla carne. Piacere senza rischi”, che fuorviava il consumatore e lo invitava ad un maggiore consumo di carne, rivolgendosi al macellaio di fiducia, senza curarsi dei rischi. La campagna era stata denunciata anche da partito animalista, che rilevava ad esempio dettagli come i dati sulle sportine che invitavano a mangiare fino a 150 g di carne di manzo senza grassi al giorno per regolare la pressione sanguigna e ridurre i rischi cardiovascolari.
L’Autorità Garante della concorrenza e del mercato ha ritenuto ingannevole anche il claim di Federcarni e Confcommercio “Sì alla carne. Piacere senza rischi”, che fuorviava il consumatore e lo invitava ad un maggiore consumo di carne, rivolgendosi al macellaio di fiducia, senza curarsi dei rischi. La campagna era stata denunciata anche da partito animalista, che rilevava ad esempio dettagli come i dati sulle sportine che invitavano a mangiare fino a 150 g di carne di manzo senza grassi al giorno per regolare la pressione sanguigna e ridurre i rischi cardiovascolari.
Fonte http://www.greenbiz.it/
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