Il Solstizio d’Inverno scocca stasera, alle 00:03 italiane, e segna l’inizio astronomico e ufficiale della stagione fredda
Per gli astronomi e per il nostro calendario oggi inizia ufficialmente l’inverno: l’ora “x” sarà esattamente alle 23:03 di Greenwich (le 00:03 del 22 dicembre in Italia). Il solstizio d’inverno segnerà, dunque, l’inizio della stagione invernale, almeno in senso astronomico. Sarà questo il giorno più corto con la notte più lunga del 2014.
Il solstizio, che accade due volte ogni anno, è causato dalla diversa inclinazione dell’asse di rotazione della terra rispetto al piano dell’eclittica (piano dell’orbita su cui il nostro pianeta ruota intorno al sole).
Questa differenza causa, nel corso dell’anno, un moto apparente del sole nel cielo terrestre, che nel nostro emisfero fa sì che raggiunga il suo punto di elevazione massima rispetto all’orizzonte in corrispondenza del solstizio d’estate e quella minima nel solstizio d’inverno. Nonostante i solstizi ricorrano ogni anno con cadenza annuale, si tratta, in realtà, di un artificio introdotto dai nostri calendari: la data esatta tende a ritardare di circa 6 ore ogni anno ed è per questo che sono stati creati gli anni bisestili che servono proprio a recuperare il ritardo accumulato (24 ore ogni 4 anni), evitando che si crei una sfasatura tra il nostro calendario e le variazioni climatiche stagionali. La tradizione popolare ci ricorda che “Santa Lucia é il giorno più corto che ci sia”… un detto che risale a quando, prima del 1582, la sfasatura fra calendario civile e calendario solare era tanto grande che il solstizio cadeva proprio fra il 12 e il 13 dicembre, rendendolo veramente il giorno più corto dell’anno. Infatti il calendario giuliano, risalente all’epoca dei romani, con tutte le sue approssimazioni, aveva portato, nei secoli, ad un eccessivo sfasamento tra il calendario e la realtà astronomica.
Fu il papa Gregorio XIII, nel 1582, a riformare il calendario alla luce delle più moderne ed accurate osservazioni astronomiche e fu deciso , d’impero, che si passasse al nuovo calendario, detto gregoriano, abolendo i dieci giorni di ritardo (e di sfasatura) che esistevano, passando direttamente dal 4 al 15 ottobre. Il giorno della festa di Santa Lucia, però, pur non rappresentando oggi il più corto dell’anno, viene impropriamente considerato tale. Il calendario gregoriano non fu subito accettato da tutti i popoli (es. nei paesi nordici, che lo adottarono circa 200 anni più tardi, il solstizio continuò a cadere il 13 dicembre). Un divertente proverbio recita: “A Santa Lucia nu passe’ e gallina e a Sant’Aniello nu passe’ e pecurielle” ( A Santa Lucia la giornata si allunga un pochino, ma il 14 dicembre, Sant’Aniello, il giorno già si allunga di un più grande passo di agnellino). Tanto per rimanere in tema, a Napoli, si dice simpaticamente: “A Sant’Aniello nun tuccà né forbice e né curtiello” (per evitare che il nascituro abbia mutilazioni agli arti con i suddetti attrezzi taglienti). Allo stesso modo si consiglia di non arrotolare i gomitoli di lana, evitando che la creatura venga al mondo con il cordone ombelicale attorno al collo. Anche il solstizio invernale è carico di valenze simboliche ed è dominato da miti di origini antiche. Iniziò, infatti, ad essere onorato già in epoca preistorica e protostorica, come testimoniato dalle incisioni rupestri di Bohuslan (Iran) e della Valcamonica (Lombardia orientale).
Nella Persia antica, era celebrato con inni sulla rinascita del mondo, trovando la sua più completa espressione ad Alessandria d’Egitto, nella grande festa del Natale di Horus. Le statue della dea madre Iside, col piccolo in grembo o attaccato al seno (prefigurazione della statue della Madonna che allatta al seno i Bambino) venivano portate in processione, di notte, per i campi, al lume delle torce, mentre la folla rivolgeva all’immagine una serie di invocazioni, le cosiddette “litanie di Iside” che, nella versione greca, sembravano concordare con le successive litanie alle Madonna. I Germani identificavano il periodo che andava da 12 giorni prima del solstizio invernale al solstizio stesso, che rappresentava la rinascita della vita, con la festa di Yule, collegata al culto di Odino. Yule deriva dalla parola anglosassone Yula, ruota, col significato di “ruota dell’anno”. Per le popolazioni anglosassoni, proprio il solstizio segnava l’inizio del nuovo anno e tra i temi legati a Yule, famosa è la battaglia tra il vecchio re dell’Agrifoglio, simbolo di oscurità e vecchiaia, e il giovane re della Quercia, che simboleggia la luce del nuovo anno. Il vecchio sovrano viene simbolicamente ucciso e il giovane prende il suo posto sul trono, governando. Il solstizio invernale ispirò il “frammento 66” dell’opera di Eraclito di Efeso(560/480 a.C.) e fu allegoricamente cantato da Omero (Odissea 133, 137) e da Virgilio (VI libro dell’Eneide). Fortemente atteso e magnificato dalle popolazioni indoeuropee, venne chiamato dai Finnici “July” (tempesta di neve), “Karatciun” (giorno più corto) dai Russi, “Jul” (ruota solare) dagli Scandinavi, “Alban Arthuan” (rinascita del dio Sole) dai Gallo-Celti.
Per i celti, in particolare, il solstizio d’inverno cadeva tra la lunazione di Dumannios (tempo delle profonde tenebre) e Liuros (tempo del freddo). Le forze legate al ghiaccio e al gelo venivano considerate come generatrici di vita: la morte aveva una funzione di equilibratrice naturale per il ritorno alla vita. Una curiosità: secondo antiche registrazioni, in Cina, a partire dal giorno del solstizio d’inverno, chiamato “zhi” di “dongahi”, col significato di “punto di arrivo ed estremità”, l’imperatore ascoltava musica coi ministri per 5 giorni, così come faceva la gente comune, all’interno delle sue dimore. Il tempio del Cielo di Pechino, famoso in tutto il mondo, era il luogo in cui gli imperatori tenevano sacrifici al Cielo il giorno del solstizio d’inverno. Nella Roma pagana, 2 o 3 secoli prima della nascita di Cristo, si celebravano le feste d’inverno, note comeSaturnali o feste di Saturno, che iniziavano il 19, prolungandosi sino al 25 dicembre. Si trattava di feste gioiose, cariche di speranza per il futuro, in un periodo in cui si rinnovavano i contratti agrari. Erano dedicate a Saturno, dio della semina e del raccolto, che governò durante la mitica Età dell’oro, quando la pace e la giustizia regnavano sulla Terra. Durante le feste, venivano invertiti i ruoli: gli schiavi diventavano padroni, veniva eletto tra loro un re delle cerimonie e ogni sera si banchettava, camuffati con maschere e travestimenti.
In Egitto, a Heliopolis, intorno al 1400 a.C., tra il 24 e il 25 dicembre, si celebrava la festa del Sole, la festa astronomica solstiziale e, nello stesso tempo, nella simbologia sacerdotale, la festa di Ra (poi Aton), figlio del Sole e Sole egli stesso. Il Cristianesimo è riuscito a trasferire tali pratiche a sé, modificando la nascita del Sole con la nascita di Cristo e la luce solare con la luce divina del Figlio di Dio. Tra il IV e il V secolo, la Chiesa romana, preoccupata della straordinaria diffusione dei culti solari e soprattutto del mithraismo, che con la sua morale e spiritualità, poteva frenare o addirittura arrestare la diffusione del Vangelo, pensò di celebrare nello stesso giorno del Natale del Sole (Sole Invictus) il Natale di Cristo, come vero Sole. Va precisato che la data della nascita di Cristo è sconosciuta. Non si sa esattamente l’anno, nonostante, sulla base di avvenimenti storici accertati (censimento indetto dall’imperatore Augusto nel 4 a.C., data della morte di Erode), si ipotizza che possa essere avvenuta in un lasso temporale che va dal 4 a.C. al 7 a.C., tanto meno se ne conosce il mese ma Luca allude a circostanze che fanno pensare ad un periodo diverso da quello invernale (“le greggi erano al pascolo intorno alla grotta della Natività”) e ciò non poteva avvenire in inverno, in quanto i pastori ebrei partivano per i pascoli con la prima luna piena di primavera, tornando in autunno. Fu solo nel IV secolo che si consolidò la tradizione di festeggiare la Natività il 25 dicembre, mentre fino ad allora si era festeggiata in diverse date più accettabili storicamente (28 marzo, 18 aprile, 29 maggio, 6 gennaio, in quanto Epifania significa “apparizione di Cristo”). Il 25 dicembre, quindi, è una data convenzionale, scelta in ragione dei passaggi ciclici stagionali e frutto di un graduale processo sincretico.
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