Casomai a qualcuno fosse sfuggito il concetto riportato nel primo cartello, il dottore lo chiarisce con un'addenda: si è "rotto i coglioni di chi chiede l'eutanasia per il proprio animale domestico" senza che quest'ultimo sia gravemente ammalato.Accade a Milano, dove il manifesto affisso nell'ambulatorio di un veterinario diventa virale. E dove, racconta Alessio Giordana "firmatario" dell'avvertimento, "siamo circondati dall'idiozia di chi pensa che un animale sia una proprietà e non una creatura. E si comporta di conseguenza".
D'altronde è una situazione paradossale: da una parte sembra che cani e gatti (ma anche cavalli, orsi, cerbiatti, gabbiani, piccioni, resta giusto fuori la zanzara ma chissà per quanto) siano al centro della società moderna, con impetuosi moti popolari che a volte sfiorano il grottesco, come le proteste di piazza per l'abbattimento del cane dell'infermiera spagnola malata d'ebola. Dall'altra parte, invece, oltre ai "consueti" abbandoni estivi, si moltiplicano le richieste di persone disposte a pagare per l'eutanasia al proprio animale domestico perfettamente sano, perché magari non si sa più dove metterlo o semplicemente ci si è stufati di lui. Alessio Giordana, nel suo ambulatorio in zona Lorenteggio, sud di Milano, ha deciso di "ricordare" a modo suo come stanno le cose. E accanto a un cartello inappuntabile in cui si rammenta come solo lui possa decidere se e quando mettere termine alla vita di un suo paziente, si fa presente anche, in modo decisamente più colorito, che la vita di un animale non è qualcosa di cui il padrone possa disporre a piacimento.
Dottore, insomma il suo cartello ha alzato decisamente un bel polverone
Lo so, ho ricevuto centinaia di condivisioni, commenti e mi piace su Facebook. Miracoli dei social network: pensare che quando scrivo un lavoro scientifico, non se lo fila nessuno. Non so se ho fatto bene a metterlo, non piacerà all'Ordine dei Veterinari, ma non ce la facevo più: quel giorno non avevo ancora aperto l'ambulatorio e avevo già due richieste di soppressione. Entrambe del tutto pretestuose.
Purtroppo è così. Prendono il cane o il gatto e poi si accorgono che non è una passeggiata o tutto zucchero, mantenerlo e accudirlo può essere una gran rottura di scatole. E allora se ne vogliono liberare, magari perché morde le gambe del tavolo, perché graffia il parquet, perché non sanno dove tenerlo nei week end.
Troppa superficialità quando si decide di prendere un animale?
Troppa è l'idiozia che ci circonda. Non è possibile che l'animale venga ancora considerato come una proprietà di cui si può disporre a piacimento. Viene regalato come se fosse un oggetto, un pacco da trovare sotto l'albero. E poi, quando stufa, si sopprime. Va fatto un discorso etico sulla vita e soprattutto sulla vita degli animali. Ma onestamente, fatico a far passare anche i concetti più semplici. D'altronde ho avuto casi di persone che strappano le unghie ai gatti perché non graffino la poltrona. Quando lo porti a casa, non lo sai che le ha? Non prenderlo, nessuno ti obbliga.
Eppure al giorno d'oggi, tutti amano i cani e gatti, come è possibile che poi ci si voglia liberare di loro in un attimo?
Fatico a spiegarmelo anche io, ma le faccio un esempio. Non c'è donna single sopra i 40-45 anni che non abbia un gatto. E' comprensibile: si cercano negli animali da compagnia determinate gratificazioni. Ma sfugge completamente il concetto che il proprio amico a quattro zampe sia un essere indipendente dal padrone, dotato della sua identità precisa. Mi è capitato di persone che danno da mangiare a cani o gatti crocchette vegetariane perché loro sono vegani. Peccato che i loro animali siano carnivori. O ancora, padroni che non vaccinano i cuccioli perché sono contrari secondo non si sa quale teoria complottista alla vaccinazione.
Troppa identificazione tra padrone e animale?
Sì, decisamente. Colpa dell'antropormorfizzazione dell'animale che negli anni ce l'ha fatto vedere come se fosse umano, cani che mangiano gli spaghetti a tavola e via dicendo. E allora accade che una signora mi porta il gatto e le dico: "Intende farlo accoppiare o lo sterilizziamo?" e lei mi risponde: "Io fossi al posto suo non vorrei essere sterilizzata". Ecco, come spiegare questa persona la differenza tra una società civile fondata sui concetti di identità sessuale, famiglia e procreazione e una società animale dove è l'istinto a prevalere? La gatta non decide di accoppiarsi: la gatta va in calore. Poi i maschi si azzuffano, il più forte vince, la possiede e se ne va. E no, dopo il sesso non manda il messaggino su WhatsApp con un selfie oppure chiedendo il giorno dopo come stia la sua compagna. La gatta resta incinta, non può più cacciare, farà cinque o sei cuccioli ai quali dovrà badare finché un giorno, dopo qualche mese, prenderanno la strada e se ne andranno senza un grazie. Cosa ha deciso in tutto questo? Niente, perché questa è la natura. Animale, non umana.
Ma ci può essere anche un motivo economico dietro la richiesta di eutnasia?
Può anche essere, come un allevatore che mi porta un cucciolo di razza, sei mesi, perfettamente sano e mi chiede di abbatterlo. "Perché, sta benissimo ed è bellissimo, piuttosto lo regali se non lo vuole tenere" gli chiedo. La risposta? "Eh sì, così mi rovino il mercato".
Un comportamento disumano...
E' anche per questo che ripeto sempre che i miei pazienti sono animali, i miei clienti, per fortuna molto pochi, delle bestie. In quei momenti mi viene il dubbio a chi andrebbe fatta l'iniezione. D'altra parte esiste anche una larga fetta di "umanità" che cura canili o gattili, con la quale collaboro e davvero interessata al benessere degli animali. Sono persone che lavorano, magari in silenzio, per i nostri amici a quattro zampe.
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