Il settantacinquenne indiano Sukumaran Menon da ormai quattro anni si nutre solo di pane e acqua, e ogni giorno va fino alla stessa panchina fuori dal parco Mahatma Gandhi, a Bangalore, armato di ombrello per proteggersi dal sole, per protestare contro il governo che accusa di “avergli rubato” la casa e i terreni che possedeva, una situazione che si verifica più spesso di quel che si crede nel mondo, spingendo spesso a forme di protesta insolite.
Menon non ha nessun cartello, e non gli piace neppure che gli vengano scattate foto, ma è convinto che la sua perseveranza gli porterà giustizia: “Non devo dire niente, è il governo che deve parlare”, commenta. Ma finora nessun rappresentante pubblico lo ha incontrato.
“Anche dopo sei anni che avevo costruito la mia casa, non era stato fatto l’allacciamento elettrico, nonostante fosse stato autorizzato ed approvato”, racconta Menon. Ma quello che l’uomo non digerisce proprio è stato l’esproprio delle sue proprietà: “L’acquisizione dei terreni [per la nuova autostrada e il nuovo quartiere] erano iniziati nel 1996, ma nessuno ci ha detto niente fino al 2004”.
Menon si era rifiutato di cedere i suoi terreni, finché una notte nel 2009 questi sono stati “incidentalmente” allagati da dei lavori: “Abbiamo dovuto andare via nel mezzo della notte, nella nostra casa c’era l’acqua fino al ginocchio”. A questo punto, la società che gestiva la costruzione del nuovo quartiere ha occupato il suo terreno, senza dare alla sua famiglia nulla.
L’uomo ha cercato di ottenere giustizia per vie legali, ma senza fortuna: “Ho speso tutto quello che avevo per difendere i miei diritti. Ora non ho fiducia nei magistrati: sono stati sicuramente corrotti”.
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