Il Telegraph contro l’Euro: meglio far saltare l’Europarlamento con la dinamite

5 nov 2013 - Tuona per l’ennesima volta il Telegraph contro la moneta unica. E lo fa con Ambrose Evans Pritchard, che attacca frontalmente la BCE, rea a suo dire di non fare nulla per evitare il forte apprezzamento sul mercato valutario dell’euro. In un anno, ha guadagnato il 30% contro lo yen giapponese e il 9% contro il dollaro USA, rispetto al quale ha toccato i massimi proprio nelle ultime sedute, sfondando quota 1,38.

A fronte di una tale forza sui mercati, tuttavia, non solo non corrisponde un’altrettanta solidità dei fondamentali delle economie dell’Eurozona, ma al contrario stiamo parlando dell’area più in ritardo nel mondo sul fronte della ripresa, gravata da un tasso di disoccupazione di oltre il 12%, quando negli USA è sceso al 7,2%. E Pritchard fa presente che sono senza un’occupazione il 26,6% dei lavoratori spagnoli e il 22% di quelli italiani, se il dato fosse calcolato correttamente.
Insomma, l’euro sembra attirare solo disoccupazione da altre aree del pianeta, che indeboliscono le loro valute e incrementano così le loro esportazioni.
La tragedia dell’euro è politica, spiega l’autore dell’articolo. Perché l’euro forte, non lo è, però, proprio per tutti. A fronte di un tasso di cambio di circa 1,35 contro il dollaro, uno studio di Deutsche Bank spiega che la Germania potrebbe sopportare un tasso fino a 1,79, la Francia fino a 1,24 e l’Italia a 1,17. Oltre tali limiti, sarebbero dolori per le loro esportazioni. Morale della favola: l’euro risulta troppo forte per Francia e Italia, oltre che per molti altri stati del Sud, ma non per i tedeschi, che in Europa hanno la “golden share” delle decisioni politiche. Da qui, l’inazione della BCE, che non farebbe nulla per cercare di rendere più competitiva l’Eurozona, quando per Pritchard essa dovrebbe limitarsi a seguire i target fissati dal suo stesso statuto, ossia a raggiungere un obiettivo annuo d’inflazione al 2% (0,7% nel mese di ottobre), attraverso la crescita dell’aggregato monetario M3 del 4,5% all’anno.
Ma Francoforte non fa nulla e starebbe spingendo l’Area Euro verso la deflazione, la quale accresce il peso del debito del Sud. Servirebbe per Pritchard che il Sud avesse un’inflazione all’1% e la Germania del 3% per qualche anno, al fine di rendere il primo più competitivo. Ma non sarà così. Né l’Europarlamento di Strasburgo farà niente per chiedere che la BCE si muova. Tanto vale, afferma, allora che lo si faccia saltare in aria con la dinamite e lo si sostituisca con un monumento dedicato alle milioni di vittime, ossia i cittadini europei,  su cui grava il peso del fallimento dell’euro.

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