I resti degli ultimi giorni di gloria dei Neanderthal ritrovati nella grotta di Roccia di San Sebastiano, a Mondragone (Caserta). A un passo dal Tirreno, gli archeologi hanno rinvenuto migliaia di punte e schegge di selce e un dentino da latte risalenti al periodo che segnò la fine dei Neanderthal e l'arrivo dei Sapiens in Italia.
Nella stratificazione, ricchissima di reperti, "vi è un racconto dell'evoluzione che va da 40 mila a 20 mila anni fa, quando la grotta è stata frequentata senza interruzioni da Neanderthal e Sapiens", ha spiegato l'archeologo preistoricoCarmine Collina, principale responsabile degli scavi e dello studio delle industrie litiche rinvenute.
Un dentino da latte e migliaia di punte e schegge di selce: così la fine dei Neanderthal in Italia e l'arrivo dei Sapiens è 'fotografata' nella grotta di Roccia San Sebastiano, che si affaccia sulla costa Tirrenica. Qui, alle pendici della rocca medievale di Montis Dragonisda cui ha preso nome il paese di Mondragone, che sorge poco distante, sono stati scoperti i resti e le tracce di alcuni degli ultimi Neanderthal della penisola, che di lì a poco si sarebbero estinti con l'arrivo dei Sapiens.
Nel primo strato, datato a 40.000-39.000 anni fa, è stato scoperto il dentino da latte di un bambino neandertaliano e molti strumenti costruiti dai Neanderthal come punte e schegge. "Il dentino si caratterizza nella morfologia come secondo molare deciduo inferiore di sinistra è stato perduto quando l'individuo aveva un'età paragonabile a quella dei nostri bambini di circa 10 anni", spiega il paleoantropologo Giorgio Manzi, dell'università Sapienza di Roma, che lo ha esaminato insieme con Loretana Salvadei, del Museo Nazionale Preistorico Etnografico "Luigi Pigorini".
Il ritrovamento di un resto umano risalente a circa 39.000 anni fa in quest'area è molto importante perché, sottolinea Collina, "è contemporaneo alla devastante eruzione del vulcano di Campi Flegrei avvenuta 39.000 anni fa". Ulteriori scavi potrebbero far luce proprio sull'impatto dell'eruzione sul popolamento dell'area. Questo periodo, rileva l'archeologo Marcello Piperno, dell'università Sapienza, che ha coordinato gli scavi finanziati dal Comune di Mondragone, è cruciale anche "perché segna la fase finale dei Neanderthal in Italia e l'arrivo dei Sapiens" giunti proprio in quel periodo anche in Puglia.
In questa grotta dunque vi è una delle ultime testimonianze della presenza dei Neanderthal in Italia, dopo i ritrovamenti nelle numerose grotte del Monte Circeo datati tra 50.000 e circa 35.000 anni fa. "Con l'arrivo dei Sapiens - spiega Collina - questi uomini preistorici si ritirarono sempre più in Occidente fino al Portogallo, dove gli ultimi ritrovamenti relativi ai Neanderthal risalgono a 28.000 anni fa". Si ipotizza che sia stata l'inferiorità dal punto di vista tecnologico, ossia delle industria litica, dei Neanderthal rispetto ai Sapiens, la causa dell'estinzione di questi uomini.
"Le scoperte nella grotta di Roccia San Sebastiano - osserva Laura Longo, paleoantropologa del Museo di Storia Naturale di Verona - sono in sintonia con le scoperte fatte in Italia settentrionale, che testimoniano tecnologie diverse, senza convergenze fra l'industria litica di Sapiens e Neanderthal".
Grande circa una trentina di metri quadrati, la caverna del 'saluto' fra i nenaderthal e i Sapiens è straordinaria anche per la ricchezza di strumenti realizzati dai Sapiens, a partire da 29.000 fino a 20.000 anni fa. Inoltre, conclude Piperno, le pareti della grotta sono decorate con incisioni e su una stalagmite vi è una macchia di ocra e una incisione che sembra raffigurare genitali femminili. [Ansa.it].
Ritrovamenti di Neanderthal anche a Sperlonga
L'uomo di Neanderthal abitava Sperlonga già in un periodo compreso tra i 75.000 e i 35.000 anni fa, ovvero nel Paleolitico musteriano. La scoperta, una delle piu' entusiasmanti degli ultimi 50 anni per la Riviera d'Ulisse, è stata fatta daMarisa de' Spagolis, la direttrice del Museo Archeologico Nazionale, che conduce gli scavi nella Grotta di Tiberio, a Sperlonga.
Il materiale rinvenuto risale a piu' di 35.000 anni fa: "avevo iniziato con il solo personale del Museo una serie di piccoli saggi all'interno della grotta nei punti piu' distanti dall'ingresso", ha raccontato Marisa de' Spagolis, "sono rimasta colpita dal fatto che la piscina circolare della grotta era stata costruita realizzando un muro contro terra. Questo voleva dire solo una cosa: il terreno era ancora quello originario. Mi sono meravigliata del fatto che un dato cosi' evidente per un archeologo non fosse mai stato notato".
Nella grotta i saggi archeologici hanno permesso di individuare un giacimento del paleolitico medio musteriano, in gran parte distrutto dagli architetti dell'imperatore Tiberio per la realizzazione della piscina circolare, magna pars dell'allestimento della scenografica grotta-ninfeo. Proprio gli sbancamenti operati all'epoca di Tiberio avevano escluso da parte di studiosi la possibilita' di rinvenire tracce preistoriche.
Invece resti del giacimento originale sono rimasti 'miracolosamente' conservati in situ. I materiali rinvenuti sono relativi al Paleolitico Medio che ha come terminus finale 35000 anni da oggi e sono caratteristici dell'industria litica di un tipo documentato nel Lazio Meridionale, detto "Pontiniana", produzione del Paleolitico Medio che si differenzia per l'uso, come materia prima, di piccoli ciottoli marini silicei, lavorati per l'ottenimento di schegge e di spicchi da rifinire con percussione diretta.
I materiali trovano confronti con quelli provenienti dalle Grotte del Fossellone e Guattari al Circeo. Si tratta di punte, raschiatoi, denticolati e bulini ltre a ciottoli su cui si vedono i distacchi per l'ottenimento di schegge e scarti di lavorazione. Sono presenti strumenti in selce attribuibili più genericamente alla sfera Musteriana, sempre del Paleolitico Medio.
Numerose le ossa, in parte combuste, relative a diversi animali quali il cervo e il cavallo, che permettono di documentare l'uso della grotta come abitazione dell'uomo di Neanderthal e di conoscere il tipo di vita della comunità. L'arco cronologico di frequentazione del sito sarà meglio definibile dopo ulteriori approfondimenti nello studio dei materiali.
"Nel Paleolitico Medio - precisa de' Spagnolis - i frequentatori della grotta erano gli uomini di Neanderthal ed i reperti offrono uno spaccato eccezionale della vita e della tecnica dell'Homo neanderthalensis. Le genti neanderthaliane si dedicavano alla caccia durante la buona stagione vivendo in accampamenti all'aperto e durante il periodo invernale in grotte alcune delle quali in prossimità del mare.
Nelle grotte potevano essere anche i loro luoghi di culto. La scoperta della parte terminale del giacimento preistorico che doveva essere molto piu' consistente conferma che la grotta di Tiberio era frequentata in epoche antichissime dall'uomo di Neanderthal che viveva nella fascia di costa allora molto piu' avanzata rispetto all'attuale. [Agi.it].
L'incredibile Neanderthal
L’Uomo di Neanderthal non finisce di stupirci. Le scoperte su questo nostro antico progenitore continuano a sovrapporsi, riservandoci novità interessanti, aggiungendo sempre qualche tassello in più al quadro d’insieme della conoscenza, sempre meno generalizzata e più definita, di questo nostro lontano – anche se non più di tanto – "cugino".
Resti di scheletri completi sono oggi a disposizione degli studiosi, miniere di informazioni realmente preziose, fonti di confronto fra studiosi e cultori della materia. Uno dei più importanti di questi resti, anche se incompleto, fu scoperto nel 1957 in Francia, in fondo ad una lunga galleria di una cava a circa 800 metri dalla famosa Grotta di Lascaux. Consiste in resti scheletrici della parte superiore di un corpo, inumato intenzionalmente assieme ad ossa di orso e di cervo.
L’individuo, mancante peraltro del cranio, del bacino e degli arti inferiori, fu soprannominato "Regourdou", dal nome della località vicina al sito. Due decenni fa alcuni ricercatori esaminarono le ossa del braccio di Regourdou, traendo opportune conclusioni preliminari sull’arto destro che oggi sono state riprese e ulteriormente approfondite.
"Era rimasta la mandibola e una parte di ossa della sezione superiore del tronco. A noi interessavano quelle su cui poggiava la base cranica" ha precisato David Frayer, professore di Antropologia presso l’Università del Kansas. "Più di vent’anni fa alcuni studiosi avevano esaminato i resti e avevano verificato che l’individuo in questione aveva la mano destra più robusta, conclusione cui si era giunti in base alle tracce lasciate dalle impronte muscolari sul braccio destro, che risultavano più marcate rispetto a quelle sul braccio sinistro".
La proprietà di poter usare una mano piuttosto di un’altra è una caratteristica prettamente umana ed è segno di una lateralizzazione cerebrale, vale a dire una specializzazione di uno dei due lobi del cervello. Ora, è noto che il lobo sinistro del cervello presiede al controllo della parte destra del corpo e in un essere umano è anche sede del centro del linguaggio.
Da questa constatazione si può ragionevolmente estrapolare che se i Neanderthal erano destrìmani, cioè usavano principalmente la mano destra, come l’80 per cento degli esseri umani moderni, e se questo era in stretto rapporto con uno sviluppo maggiore della parte sinistra del cervello, era legittimo supporre che questi individui avrebbero anche potuto essere in grado di articolare delle parole al posto dei suoni o dei versi tipici degli altri animali. In altri termini, si può a ragione ritenere che i neandertaliani abbiano avuto la capacità di sviluppare una forma di linguaggio simile a quello degli umani moderni.
A queste conclusioni è arrivato il nuovo studio congiunto di Frayer e del team internazionale guidato da Virginie Volpato, ricercatrice dell’Istituto Senckenberg di Francoforte, in Germania, che, dopo aver osservato con attenzione la robustezza delle braccia e delle spalle e averla rapportata con le angolazioni dei graffi sui denti, ha confermato che Regourdou era destrìmano.
Lo studio sulla dentatura, infatti, ha posto in evidenza un andamento particolare dei graffi sulla parte interna dei denti, tutti orientati obliquamente nello stesso verso. Questi segni sono la dimostrazione del modo in cui il Neanderthal si cibava, strappando la carne a morsi con bruschi movimenti della mascella (la sua terza mano) in un unico verso, mentre tratteneva il pezzo di carne con la mano sinistra, tagliandolo con la destra.
"Tirare il cibo con la mano sinistra e tagliarlo con la destra lascia graffi obliqui in una particolare direzione, se l’utensile colpisce per caso un dente", conferma il professor Freyer. "Abbiamo graffi sui denti di altri neandertaliani, ma in tutti i casi finora osservati si trattava di denti isolati o di denti in mandibole non connesse direttamente con altro materiale scheletrico", ha aggiunto Frayer.
"Questa è la prima volta che siamo stati in grado di controllare il verso dei graffi sui denti di una mascella rinvenuta insieme agli arti superiori dello stesso individuo e così abbiamo potuto fare un’analisi più accurata delle braccia, della clavicola, dell’omero, del radio e dell’ulna, dal momento che li avevamo per entrambe le braccia. Abbiamo controllato lo spessore corticale ed eseguito altre misurazioni biomeccaniche. Tutti gli esami hanno confermato che l’intero impianto scheletrico era più robusto nella parte destra rispetto alla sinistra".
Anche riguardo la correlazione tra lateralità della mano e lateralità del cervello Frayer non ha dubbi: “Questa correlazione sta a dimostrare che il cervello umano era costituito in un modo "moderno" già da mezzo milione di anni e da allora la struttura non è cambiata”, asserisce lo studioso. "Non c’è ragione di sospettare quindi che questa struttura possa risalire ancora più lontano nel tempo e che il linguaggio abbia quindi radici molto antiche". I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista PLos ONE.
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